IL CASO
L’avvocato di Manfrinati: «Inchiesta chiusa, non ho gli atti». La Procura: «Malfunzionamento del sistema»
Il penalista Fabrizio Busignani contesta di non avere ottenuto il fascicolo, dopo tre giorni dalla chiusura. «Grave impasse, leso il diritto della difesa». La replica: fascicolo consultabile negli uffici del Tribunale

«Il giorno 20 gennaio ho appreso dalle testate online dell’avvenuta emissione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari poco prima che tale avviso mi venisse notificato via Pec alle ore 12.41, persino con indicazioni precise del contenuto di atti di indagine». Questa la premessa delle valutazioni espresse dall’avvocato penalista Fabrizio Busignani, difensore di Marco Manfrinati, sulla chiusura appunto delle indagini relative al tentato omicidio di Lavinia Limido e dell’omicidio del padre di lei, Fabio Limido, di cui è accusato il suo assistito, detenuto in carcere. Sono valutazioni, formulate nella serata di ieri, mercoledì 22 gennaio, di contenuto critico nei confronti della Procura della Repubblica di Varese.
Ecco perché. «Subito dopo, come previsto dalle disposizioni in materia di processo penale telematico, ho inviato alla segreteria della Procura la richiesta di preventivo per il pagamento dei diritti necessari per ottenere il fascicolo digitale (alle ore 13 circa), subito pagate e inviata la prova del pagamento per ottenere la password che avrebbe consentito il download dell’intero fascicolo. Il tutto entro le ore 15.07 del medesimo giorno», spiega Busignani. Che entra quindi nel merito della contestazione: «Ebbene a oggi - ieri sera, mercoledì - non è stato possibile avere tale password, né quindi ottenere come mio diritto il fascicolo delle indagini, poiché la richiesta risulta ancora “in verifica”. Ovviamente la perdita di ben tre giorni in un caso di tale portata, ma in ogni caso vorrei dire, costituisce un limite al corretto esercizio del diritto di difesa, considerato che in soli 20 giorni si devono assumere importanti determinazioni». «Eppure la Convezione Europea dei Diritti dell’Uomo afferma, all’articolo 6, 3° comma, lettera b, che “ogni accusato ha diritto di disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa”, tempo che viene sprecato per l’inefficienza generale del sistema» contesta appunto il legale di Manfrinati.
«L’impossibilità di accedere e avere piena visibilità degli atti di indagine è un evidente compressione del diritto di difesa, nonostante le circolari e le direttive che sono state emanate da numerosi capi degli uffici giudiziari per tentare di porre rimedio a una simile situazione le quali, seppure pregevoli, purtroppo non possono superare la riserva di legge creando il rischio di gravi disparità di trattamenti ed eterogeneità di interventi», prosegue Busignani.
«Un simile scenario è davvero preoccupante e le medesime preoccupazioni sul malfunzionamento dei canali telematici sono state ampiamente segnalate dai massimi organismi dell’Avvocatura e dall’Unione delle Camere Penali e condivise dai vertici della Camera Penale di Varese sentiti prima di queste dichiarazioni e dai quali ho ottenuto, come sempre, supporto nell’auspicio di un intervento del legislatore che risolva in maniera effettiva, razionale e omogenea questa grave impasse», conclude il difensore.
LA REPLICA DELLA PROCURA
Dalla Procura spiegano che «da diversi giorni c’è un malfunzionamento del sistema di trasmissione degli atti da remoto. Problema segnalato dal funzionario a chi dovrebbe intervenire e a oggi non risolto». Gli stessi uffici precisano comunque che sia il fascicolo cartaceo sia quello telematico sono comunque consultabili, in Procura, dal momento in cui è stato notificato l’avviso di chiusura indagini alle parti.
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