LA RASSEGNA
L'arte tra classicità e tecnologia
Il varesino Andrea Crespi in mostra alla Fabbrica del vapore
Un viaggio immersivo tra pittura, scultura, installazioni e opere digitali, dove il concetto di bellezza si ridefinisce nel confronto tra umano e artificiale, Veneri classiche incontrano corpi sintetici, il passato dialoga con il futuro. L’artista varesino Andrea Crespi, dopo importanti eventi espositivi alla Triennale di Milano, al CAFA Art Museum di Pechino, al MAGA di Gallarate, a Times Square a New York e ad Art Dubai, ha da poco inaugurato la prima grande mostra istituzionale alla Fabbrica del Vapore di Milano. Artificial Beauty, a cura di Alisia Viola e Sandie Zanini, invita a interrogarsi su quesiti cardine della società attuale: in che misura la tecnologia sta plasmando la nostra esistenza? Qual è il significato del concetto di identità e di bellezza in un mondo in cui il digitale si è integrato nelle nostre vite quasi come un’estensione biologica? Quello di Crespi è un invito a guardare la contemporaneità attraverso prospettive inedite e a riflettere sul valore della bellezza. Una mostra pensata per raggiungere un pubblico eterogeneo, rivolta a tutti, ciascuno con la propria sensibilità, per suscitare interrogativi, nuove consapevolezze o semplicemente differenti punti di vista. Ne abbiamo parlato con l’artista.
Andrea, come definirebbe la sua arte?
«La mia ricerca artistica ruota intorno al paradosso, al contrasto, a una dicotomia concettuale che si esprime fisicamente nella scelta cromatica, bianco e nero. Recupero il linguaggio classico e lo interpreto in chiave contemporanea, utilizzo gli strumenti tradizionali ma al contempo le nuove tecnologie. Se dovessi esprimere tutto questo con un solo termine, userei la parola Neosintesi: Neo come ciò che è nuovo, proiettato verso il futuro, e Sintesi come riduzione all’essenziale, all’essenza delle cose. Il mio lavoro si muove proprio tra questi due poli, da una parte più artigianale e manuale, e dall’altra più digitale, che abbraccia strumenti come l’intelligenza artificiale e la realtà aumentata».
Bellezza e artificio, il titolo della mostra.
«Artificial Beauty gioca proprio sul paradosso della “bellezza artificiale”, sulla dualità tra qualcosa che può essere artificioso, finto, e al contempo espressione della bellezza della tecnologia e dell’innovazione che ormai permeano le nostre vite. Sono concetti chiave che caratterizzano tutte le mie opere».
Quando è iniziata questa ricerca, questo dialogo tra classicità e tecnologia?
«Ho una formazione legata al design e alla comunicazione, ma ho sempre apprezzato l’arte, in particolare quella classica e sono cresciuto in luoghi dove la bellezza è rappresentata da quelle forme. Ho cercato la semplificazione, nell’ottica raccomandata da Bruno Munari, che diceva che semplificare è un lavoro difficile, che esige molta creatività. Per questo l’elemento distintivo dei miei lavori è la linea, un elemento di fatto semplice che può essere declinato in mille sfumature, che spazia da una scultura a una tela fino al digitale. Nel tempo, infatti, la mia riflessione si è evoluta integrando la tecnologia, unendo il passato con il futuro. È proprio questo dialogo che mi interessa».
I suoi artisti preferiti?
«Difficile fare un nome, perché l’arte e la creatività sono fatte di contaminazione e, come tutti gli artisti, mi piace “rubare”, soprattutto dai maestri del passato. La mia poetica ha molti riferimenti al passato. Da un anno e mezzo mi sono avvicinato alla scultura, una bella scoperta che ha arricchito il mio lavoro. Quindi potrei dire Canova, ma ho sempre guardato molto anche all’arte pop, all’eclettismo di Andy Warhol, al carisma di Salvador Dalì, all’immaginario surrealista di Magritte…»
La mostra propone una riflessione sul ruolo dell’arte e dell’artista oggi…
«Se dobbiamo parlare di arte contemporanea credo che non ci sia nulla di più contemporaneo che utilizzare gli strumenti che ci vengono offerti. Oggi l’artista non è solo chi ha abilità manuali e talento (innato e allenato), il paradigma è cambiato, l’artista oggi è qualcuno che ha la capacità di creare immaginari e comunicare idee, che riesce a far provare emozioni e a far interrogare le persone sulla contemporaneità e sulla società di oggi. Con questo non voglio dire che l’artista contemporaneo non abbia competenze tecniche, ma gli strumenti che usa al posto del pennello sono, ad esempio, il computer, lo smartphone, il trackpad, il mouse… quindi io utilizzo gli strumenti del mio tempo».
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