ARCHITETTURA
Blumer: perché faccio danzare gli studenti prima di disegnare

Sono in mostra le «Architetture automatiche» degli allievi di Riccardo Blumer, da settembre direttore dell’Accademia di Mendrisio, un uomo che sa stupirsi e stupire. Ma con rigore. Classe 1959, tre figli ormai grandi, lo studio di Casciago in una chiesa sconsacrata, Blumer ha una formazione importante: prima montessoriano e poi liceale in una scuola fondata sugli insegnamenti di Socrate, allievo di Mario Botta. Ama la fisica, la chimica e la biologia e sa dimostrare, per esempio, che un uovo può sostenere un peso di 80 chili senza rompersi. E ai suoi studenti fa fare esercizi fisici di danza prima di disegnare.
Lo hanno denominato «metodo Blumer», un percorso pedagogico nato nel 2007 che si collega al Bauhaus e al concetto di arte totale: «L’architettura non è disgiunta da altre forme di espressione, ma è il luogo dove mettere al centro e congelare il movimento del corpo umano, enfatizzandone il ruolo poietico (il corpo che costruisce e produce oggetti), la sua potenzialità scenica (il corpo come dispositivo spaziale in movimento) e il suo essere unità di misura del mondo. Meglio esprimi questo movimento del corpo nell’ambiente che lo accoglie, più bella sarà l’architettura. Basta pensare al Partenone e ai suoi colonnati che raccontano la vita degli antichi ateniesi». E qui viene il secondo passaggio del «metodo» , che parte dal fatto che «le attività più interessanti per l’uomo sono quelle inutili, che si svolgono nelle chiese e nei teatri e raccontano la zona dell’uomo dove si dà un senso alla propria storia: abitare racconta la mia storia e il mio rapporto con il mondo, dunque l’architettura deve essere un’estroflessione del corpo e dell’anima».
Questi affascinanti concetti sono visibili, tangibili e sperimentabili da tutti nella mostra «Sette architetture automatiche e altri esercizi» che, a cura di Gabriele Neri, propone una serie di installazioni interattive, concepite e costruite dagli studenti di Blumer. Sono in pratica «macchine capaci di muoversi in modo autonomo (autómatos: ciò che si muove da sé) e, grazie all’elettronica e alla robotica, si trasformano a seconda del corpo che le abita in quel momento. In questo caso l’architettura è una forma non più congelata ma mutante».
Da questa suggestione è nata l’idea di verificare il complicato incontro tra le possibilità del movimento automatico e il «pensiero» sviluppabile in una macchina, e la loro applicazione libera nel campo dell’architettura. Il risultato è proprio in quelle sette installazioni con le quali il corpo del visitatore può interagire. Il sottofondo musicale della mostra è prodotto da pistoni, motori, pulegge, compressori e sensori a fotoni. In aggiunta alle «Sette architetture automatiche» sono esposti altri esercizi svolti dagli studenti di Blumer negli anni passati, tra cui «La Gabbia» e «L’uomo come misura della città».
CHI È RICCARDO BLUMER
Riccardo Blumer è nato a Bergamo nel 1959 ma da anni vive in provincia di Varese: ha un bellissimo studio con vista nella vecchia chiesa sconsacrata di Casciago. Ha trascorso l’adolescenza alla Schola Maieutica, la comunità di Morosolo fondata sull’insegnamento di Socrate: conosci te stesso e troverai la verità. Si è laureato in architettura al Politecnico di Milano e dal 1983 al 1988 ha lavorato nello studio di Mario Botta. Con la sedia Laleggera, esposta al Moma di New York, nel 1998 ha vinto il Compasso d’Oro. Dal 2003 insegna all’Usi-Accademia di architettura di Mendrisio, della quale è direttore da settembre.
IL TEATRO DELL’ARCHITETTURA DI BOTTA
È stato presentato il 7 febbraio a Mendrisio il Teatro dell’architettura, la nuova struttura dell’Università della Svizzera italiana ideata per favorire il dibattito culturale nell’ambito dell’architettura e delle arti visive. Il progetto dell’edificio, che è costato circa 15 milioni di franchi, è di Mario Botta, uno degli architetti più conosciuti e autorevoli a livello mondiale, molto amato anche dai varesini, fondatore dell’Accademia di architettura che è ora diretta dal varesino Riccardo Blumer. Il Teatro dell’architettura si pone come un luogo per la circolazione delle idee, un laboratorio di sperimentazione in grado di percepire e trasmettere le tendenze culturali del nostro tempo.
La programmazione è frutto della collaborazione tra l’Accademia e la Fondazione Teatro dell’architettura. E si parte proprio dal laboratorio didattico sui lavori degli studenti dell’atelier Blumer, promosso dal direttore uscente dell’Accademia Marc Collomb e intitolato «Sette architetture automatiche». Seguiranno, in primavera, lezioni, dibattiti, proiezioni cinematografiche e altri eventi. La prima grande mostra si inaugurerà il prossimo 11 ottobre con il titolo «Louis Kahn e Venezia»: sarà dedicata ai progetti pensati nel 1969 dall’importante architetto americano per un centro congressi a Venezia, lavori che hanno influenzato il dibattito architettonico europeo dell’epoca.
Atelier Blumer, «Sette architetture automatiche e altri esercizi» - Mendrisio, Teatro dell’architettura, via Turconi 25, dal 9 marzo al 31 maggio da martedì a venerdì ore 15-19, sabato 10-13, ingresso libero; nel calendario delle iniziative collaterali alla mostra, il 21 marzo alle 18 conferenza di Luca Gambardella direttore Idsia di Lugano; il 24 aprile alle 18 «Concerto per 24 motori e una fisarmonica» con Nadir Vassena; il 31 maggio spettacolo di danza «Improvvisazioni automatiche» della compagnia di Tiziana Arnaboldi; altre info 004158.6665000.
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