MILANO
Le mille donne di Toulouse-Lautrec

Non era bello, ma accanto a sé aveva mille donne… Prostitute e cortigiane, frequentatrici di case chiuse, cabaret e salotti, e persino l’avvenente Suzanne Valadon, modella di numerosi artisti e amante del pittore francese Henri de Toulouse-Lautrec (1864-1901), nonostante fosse brutto di aspetto e goffo a causa di una malformazione genetica, che sommata a due cadute gravi da bambino, aveva interrotto lo sviluppo delle gambe.
Dal castello di Albi, dove era cresciuto in una famiglia aristocratica e austera, poco più che ventenne Lautrec approdò a Parigi, dove si stabilì nella Butte, la collina di Montmartre entrando a far parte di una comunità composta da Pisarro, Cézanne, Gérôme, Forain per diventare pittore della vita moderna, sedotto dal popolo delle notte della Parigi bohemienne di secondo Ottocento, una città, scriveva Charles Baudelaire, «piena di spunti poetici e meravigliosi». Proprio da qui prende avvio la grande monografica che Palazzo Reale dedica all’artista francese morto giovane per cirrosi e sifilide, in un allestimento fatto di luci soffusi e tappezzerie bordeaux a evocare i salotti parigini e i café-chantants.
Curata da Danièle Devynck (direttrice del Museo Toulouse-Lautrec di Albi) e Claudia Beltramo Ceppi Zevi, la mostra presenta oltre 200 opere autografe (forse un po’ troppe) tra dipinti, litografie, acqueforti e affiches provenienti da Albi, dalla Tate Modern di Londra, dalla National Gallery di Washington e da importanti musei e collezioni internazionali, insieme a fotografie irreverenti che Lautrec amava farsi scattare dagli amici in pose spesso ironiche, al limite della provocazione, attentamente studiate e preparate.
Il cuore della mostra - che inizia dalla formazione di Lautrec, con raffigurazioni di cani e cavalli e scene di caccia - sono i ritratti delle ragazze delle maison close e dei locali notturni di Montmartre, la ex sarta e commessa Yvette Guilbert famosa per i lunghi guanti neri, la raffinata Jane Avril, Aristide Bruant e la robusta Goulue: ne esce un racconto disincantato dai risvolti psicologici ma senza giudizi morali, fatto di gesti quotidiani e dettagli intimi.
Instancabile sperimentatore di soluzioni formali, diede nuovo vigore alla grafica, dalla litografia (l’album «Elles» dedicato alle case chiuse, è considerato un capolavoro dell’arte di fine Ottocento) al linguaggio moderno delle affiches pubblicitarie che Toulouse-Lautrec realizzò serialmente per pubblicizzare i locali notturni di Montmartre. In mostra si ammira eccezionalmente la serie completa dei 22 manifesti da lui realizzati, assieme a studi e bozzetti preparatori.
La vicinanza tra il mondo fluttuante della grafica giapponese e quello fuggevole di Toulouse Lautrec è proposto con una serie di xilografie del giapponese Utamaro che trae ispirazione dalle figure femminili e frequenta le case verdi di Yoshiwara, il quartiere dei piaceri di Edo. Ma la grafica orientale gli offrì anche lo spunto per un nuovo linguaggio, fatto di colori piatti e fortemente contrastati, linee impetuose e graffianti, tagli compositivi arditi, figure fluttuanti in uno spazio sospeso per ottenere un’immagine di un’audace semplificazione, capace di impressionare l’osservatore.
«Il mondo fuggevole di Toulouse-Lautrec» - Milano, Palazzo Reale, fino al 18 febbraio 2018, lunedì ore 14.30-19.30, da martedì a domenica ore 9.30-19.30, giovedì e sabato ore 9.30-22.30, 12/10/6 euro.
Serena Colombo
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