LA SENTENZA
Cinque anni al re della droga
Il pm ne aveva chiesti tredici. Ora si attende un nuovo processo

Gli inquirenti non hanno dubbi: Delaj Pllumb è un vero e proprio dominus del traffico di stupefacenti sul territorio. Non a caso, al termine della requisitoria, il pubblico ministero Massimo De Filippo ha chiesto tredici anni di reclusione. Ieri, mercoledì 17 aprile, la decisione del gup Luisa Bovitutti: l’albanese è stato condannato a cinque anni, una pena decisamente inferiore rispetto alla richiesta del pm, ma comunque molto alta se si tiene in considerazione la scelta del rito abbreviato, che consente lo sconto di un terzo.
Gli avvocati Alberto Talamone e Raffaele Della Valle attenderanno le motivazioni per valutare un eventuale ricorso in Appello.
Oltretutto sulla testa di Pllumb pesa un’altra inchiesta, chiusa a ottobre e sempre legata al business degli stupefacenti. Dunque, la sua strada è ancora in salita.
Il quarantunenne finì in carcere a maggio dell’anno scorso, all’esito di una operazione congiunta tra i carabinieri di Legnano e quelli di Pavia. Oltre a lui vennero presi altri quattro soci in affari.
Il gruppo era stato notato dagli investigatori durante un servizio di controllo in una sala giochi nel Pavese. Il sospetto che i cinque si occupassero di droga nacque subito, il pubblico ministero Paolo Mazza aprì un fascicolo e così venne a galla l’imponente movimentazione di cocaina e marijuana su più province.
Pllumb aveva il ruolo del grossista: vendeva ai più piccoli, in quantità mai inferiori a 100 grammi per volta. Non a caso davanti al gup Bovitutti rispondeva della detenzione di 2 chili di cocaina, pari a 11mila pezzi e di 3 chili e mezzo di erba divisa in 14mila dosi.
Gli atti dell’indagine vennero poi trasmessi alla Procura di Busto Arsizio per competenza territoriale e le strade processuali della banda si divisero.
Lo scorso ottobre, quando ormai il quarantunenne era detenuto, venne raggiunto da una nuova ordinanza di custodia cautelare, richiesta dal procuratore aggiunto Giuseppe D’Amico ed emessa dal gip Bovitutti. Dieci in tutto gli albanesi coinvolti.
«Le modalità e le circostanze della condotta delittuosa degli indagati», si legge nel provvedimento, «denotano la loro spiccata pericolosità sociale, che emerge per alcuni di essi dal ruolo dirigenziale assunto, come nel caso di Delaj Pllumb, per gli altri per la particolare spregiudicatezza dimostrata nella consumazione di reati qualificati da un forte disvalore penale».
E ancora: «Tutti i predetti indagati trafficano in modo professionale e organizzato, quasi si trattasse di una lecita attività lavorativa, e hanno dato vita a cellule criminali che si muovono secondo protocolli collaudati, contando su fonti di approvvigionamento ricche e sicure e su introiti notevoli grazie ai numerosi clienti e all’estensione temporale delle condotte contestate».
Dalle intercettazioni emerse che Delaj Pllumb si avvaleva di veri e propri luogotenenti per coordinare gli affari. La domanda a questo punto è: dopo quella massiccia bonifica, a chi è passato lo scettro del narcotraffico?
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