FILM FESTIVAL
BAff, Marcoré dà voce a Pasolini
Il regista Marrese: «Le sue provocazioni restano attualissime»

Vorace, carnale, pieno di contraddizioni. Come la sua città. Pier Paolo Pasolini e il rapporto con la sua Bologna emergono con potenza nel docufilm Pasolini, il giovane corsaro presentato ieri sera, 6 aprile, al BAff dal regista Emilio Marrese e da Neri Marcorè, che presta la sua voce al regista cui ha dedicato in passato spettacoli di teatro canzone, a confronto con Giorgio Gaber e con Fabrizio De André, con la regia di Giorgio Gallione.
Nella Sala Ratti di Legnano stracolma di spettatori (qualche affezionato del cineforum non si era prenotato ma poi si è trovato posto per tutti), Marcorè decide di fermarsi ad applaudire questi cento minuti cui ha lavorato ma che ancora non aveva avuto modo di apprezzare.
«Pasolini vedeva avanti, le sue invettive contro il consumismo parlavano chiaro. Aveva la capacità di leggere nel suo presente quanto sarebbe accaduto – dice, interpellato dal direttore artistico del festival, Steve Della Casa – Per me è una figura importante, da lui sono arrivate belle provocazioni, è stato semplice accettare di leggere i suoi testi, senza enfasi e senza retorica. Con la sua statura si stagliava in un’epoca in cui c’erano altri intellettuali, oggi non mancano ma esistono più canali comunicativi ed è più difficile individuarli. Lui aveva la forza di essere contro ogni conformismo e sapeva andare anche contro i suoi interessi e contro l’odio e l’invidia della parte culturale cui apparteneva».
ATTORE POLIEDRICO
A dieta per perdere dieci chili per la prossima parte, Marcoré fa battute sulla cena a base di pesce vissuta a Busto Arsizio («ho preso solo il pinzimonio»), poi rivela i prossimi progetti: «Due i film a cui mi preparo, uno di Massimiliano Bruno con Edoardo Leo e uno con la regia di Walter Veltroni, tratto dal suo libro Quando. Quindi, in autunno «un progetto importante, vediamo se va in porto». Fra cinema, serie tv, doppiaggi e musica, Marcoré ironizza sul suo essere poliedrico: «Mi è sempre piaciuto dilagare, anche con incoscienza. Ho studiato per fare tutt’altro, mi ci sono trovato in mezzo e ho cercato di restarci un po’ all’americana, dove un artista deve saper cantare, suonare, ballare. Posso contare su vari settori, se dovesse esserci un problema di disoccupazione, avrei varie possibilità…».
ESCAMOTAGE
Il film, che nella prima stesura vantava 5 ore e 40 minuti di girato, sfrutta l’escamotage di una tesi di laurea, che uno studente bolognese decide di dedicare al rapporto tra Pasolini e la sua città natale. A interpretarlo è Nico Guerzoni, alla nascita Nicole. «Non l’ho scelto per la sua identità sessuale non definita, ma perché è molto bravo – chiarisce Emilio Marrese al dibattito conclusivo, coordinato da Celeste Colombo – Il suo modo di vestire, un po’ vintage, lo fa somigliare al Pasolini che suo padre chiama busone, il modo dialettale per identificare un omosessuale. Il suo modo di porsi trasmette i tormenti di Pasolini, che fino a 26 anni, all’epoca del fascismo, contestava la sua natura, che era motivo di dolore e depressione». In un anno di lavoro sostenuto dal produttore Luigi Tortato, presente in sala, si sono scovati documenti inediti, fra cui molte lettere private da cui traspare «un Pasolini più solare e più tenero di quello che conosciamo, un giovane con problemi da soffocare e la voglia di allontanarsi da casa per tirare fuori il meglio di sé».
“ARTISTA INDESIDERATO”
Nel film non c’è solo Bologna, di fatto si attraversa tutto il percorso umano e artistico di PPP. «In qualche modo la morte prematura lo ha cristallizzato – dice Marrese – Ci siamo tolti il dubbio di rischiare di vederlo rimbambire come alcuni che finiscono a fare guitti e macchiette in televisione… anche se credo non sarebbe finito in Tv tutte le sere come altri stanno facendo». «Quante ne avrebbe dette, prima di arrivare a oggi – sottolinea Marcoré, facendo i complimenti al regista per il risultato raggiunto – Penso che in Tv non sarebbe andato, si sarebbe ritirato a vita privata. Anziché fare il vecchio brontolone in una Italia alle prese con consumismo inutile e accumulo insensato di oggetti, si sarebbe chiuso in silenzio, magari avrebbe scritto parecchio».
Di certo, forse, sarebbe più libero: l’intervista televisiva da cui sono attinti molti spezzoni era a cura di Enzo Biagi, datata 1972; il pubblico la conobbe soltanto nel 1975, dopo l’omicidio di Ostia. «In vita era indesiderato alla Rai – conclude Marrese – Potè parlare quando risultava ormai innocuo e, con la morte, aveva espiato i peccati nel modo più atroce. Credo che in Pasolini i giovani possano trovare un alleato, un fratello maggiore che li faccia sentire meno soli nelle loro ribellioni al mondo schifoso che stiamo loro lasciando».
Per i bustocchi, una curiosità non di poco conto: nelle immagini compare Carlo Reguzzoni, attaccante nel Bologna dal 1930 al 1946. Lui che giocava nella squadra del cuore di PPP era nativo della città che ha dato vita al BAff.
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