GRANDE DISTRIBUZIONE
La crisi dei giganti del commercio
Manifestazione dei lavoratori Grancasa. Ma è un’epoca che finisce

Sette anni di sacrifici, prima la solidarietà e poi la cassa integrazione, sempre con il dubbio che da un giorno all’altro le cose possano precipitare. Per questo ieri mattina, 2 aprile, una ventina di dipendenti si sono presentati sotto gli uffici del quartier generale del Gruppo Grancasa in via Jucker. Creato negli anni Ottanta, il gruppo ha avuto il suo massimo sviluppo con un totale di 19 punti vendita e 650 dipendenti sparsi in tutta Italia. Poi nel 2014 l’inizio della crisi e la scelta di risparmiare sui costi inaugurando un contratto di solidarietà che sarebbe durato 5 anni.
Trecento in cassa
Nel 2019 la decisione di ricorrere a misure più drastiche, con la dichiarazione di 158 esuberi (dei quali 9 a Legnano, 13 a Nerviano e 20 a Pero). Quindi la cassa integrazione straordinaria, poi sospesa per approfittare della Covid. Oggi che la Lombardia è in zona rossa tutti i punti vendita sono chiusi, un mese dopo l’altro le incertezze sul futuro diventano sempre più pesanti.
I dipendenti nei 14 punti vendita rimasti sono 355, 300 dei quali in Lombardia. Secondo quanto riferito ai sindacati, ogni mese il gruppo perde circa 3,8 milioni di euro, una situazione insostenibile anche per un gruppo dalle radici più che solide. Anche perché il piano industriale varato nel 2019 non ha dato i frutti sperati: un po’ anche a causa della mazzata Covid, chi come Nuova Paniate aveva affittato dei rami d’azienda si è tirata indietro: anche la scelta di specializzarsi aprendo i punti vendita Bricofer e Planet Sport non ha pagato, adesso il piano industriale è da rifare. Nell’incontro avuto ieri con il segretario della Filcams Ticino Olona Fabio Toriello, l’azienda avrebbe confermato di avere già un progetto, ma questo sarà presentato al sindacato e ai dipendenti solo quando avrà ottenuto l’approvazione delle banche.
Finita un’epoca
Il momento è difficile per tutti, ma la grande distribuzione sembra soffrire più di altri: sarà che la gente ha meno soldi da spendere, sarà che tanti ormai le loro compere le fanno su Internet e la merce se la fanno recapitare direttamente a casa. Di fatto, giusto per restare all’Alto Milanese la crisi Grancasa segue quella di Mercatone Uno, la fuga di Auchan dall’Italia e i tentennamenti di Ikea. Segno che qui in crisi non è un’azienda, ma un’intera epoca.
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