TEMPESTA SUL CARROCCIO
Leoni: «Bossi non eletto? Vergogna nazionale»
Dure critiche a Salvini dal “Patriarca” della Lega e dall’ex ministro Castelli. «Ora un triumvirato alla guida del partito»

Giuseppe Leoni , ribattezzato il Patriarca, ha fondato la Lega lombarda insieme a Umberto Bossi il 12 aprile 1984. Prima deputato del Carroccio poi senatore fino al 2013, considera una «vergogna nazionale» che il Senatur non sia stato eletto.
«Ma la brutta figura non la fa Umberto - spiega - ma il partito. Io l’ho votato ma sono mancati i voti e il partito non ha pensato di salvarlo. Altri sono stati candidati in più collegi e eletti in tutti, lui no».
Per ora non lo ha sentito. «Andrò a trovarlo sabato, ci vuole rispetto - spiega - e spero che il partito trovi il modo di farlo entrare in Parlamento». La soluzione, sempre secondo Leoni, non è quella di farlo senatore a vita prospettata da Matteo Salvini «perché di senatori a vita ce ne possono essere massimo cinque e adesso cinque sono». «Ora è il momento di cacciare i mercanti dal tempio ma per questo bisogna avere i numeri. A Pontida la gente quest’anno è andata ad osannare uno che non esiste. Salvini dice che recupererà i voti - aggiunge Leoni - ma pensa di andare al supermercato o in farmacia a trovarli? Al Papeete li può trovare, di certo non al Nord».
«Il programma era sulla falsariga di quello della Meloni e allora la gente preferisce lei a Salvini. E comunque lei è nazionalista, la Lega federalista, che sono come olio e aceto, si possono mischiare ma poi si dividono».
Secondo l’ex senatore, ora per il Carroccio si potrebbe pensare a un triumvirato «con una persona della vecchia Lega, una della Lega di governo e Salvini».
Sul caso Bossi interviene anche Roberto Castelli, ex ministro e leghista della prima ora: la mancata elezione di Umberto Bossi in parlamento è «un simbolo della debacle della Lega».
«Mi dispiace moltissimo - dice Castelli - perché si meritava lo scranno parlamentare. Ma non do la colpa a nessuno, perché era stato messo in una posizione buona», cioè capolista al proporzionale a Varese. «È stato travolto dalla debacle della Lega. Va assunto come simbolo della vecchia lega che viene travolta anche se quella a dire la verità era già stata travolta dalla politica centralista che Salvini ha dato al partito».
«Cade un grande capo ma - secondo Castelli - è anche chiara un’altra cosa: la fine della stagione della Lega nazionale e centralista. Salvini si vanta di avere il secondo gruppo parlamentare ma da vecchio leghista mi chiedo: a cosa serve? non farai nulla per il Nord». «Negli ultimi cinque anni - aggiunge Castelli - è stata portata avanti una politica meramente centralista, l’autonomia non ha fatto un progresso e la gente non se lo scorda».
Castelli è convinto che il senatur «l’avrà presa malissimo», a dispetto di quanto detto in giornata dallo stesso Bossi. non lo fa comunque rinunciare all’ironia. Stoccata finale: «Adesso Salvini dovrebbe cambiare nome al partito. Lega Salvini premier è dèmodè».
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