CRISI DA CORONAVIRUS
Lettere di licenziamento ai frontalieri
Le richieste di ammortizzatori sociali del Canton Ticino sono il 40% di quelle dell’intera Svizzera

Basta scorrere le pagine social dedicate ai frontalieri, dalla Valchiavenna fino al Piemonte passando per Ticino Vallese e Grigioni, per scorgere l’alto numero di richieste da parte di molti lavoratori italiani per le lettere di licenziamento arrivate in queste ore. La richiesta dei frontalieri arrabbiati, delusi, sconcertati (e ammalati) è sempre la stessa: «Ma possono farlo, così, su due piedi? Posso prendere la disoccupazione ora? Ma in Italia?».
Ogni storia è diversa, ma le disdette si contano ormai a decine nei settori turistico e alberghiero, che hanno assunzioni ormai fidelizzate per le stagioni. Non va meglio nell’area florovivaistica e nel manifatturiero locale. In taluni casi l’intervento dei sindacati ha rimesso le cose a posto per gli italiani, ma la crisi che sta mordendo il tessuto produttivo oltre confine, soprattutto nelle piccole e medie imprese, non lascia scelta a molte aziende se non quella di licenziare. Certo, non ovunque è così e il sindacato Ocst, ancora 48 ore fa, ha vergato una dura nota ufficiale che stigmatizza il comportamento di alcuni padroni, che non avrebbero approfittato della possibilità di accedere al cosiddetto lavoro ridotto, praticando invece dei licenziamenti, soprattutto nella realtà del lavoro temporaneo che impiega molti giovani frontalieri. A proposito di questo, sabato 4 aprile Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch, direttrice della Segreteria di Stato dell’Economia (Seco), ha spiegato che le richieste di lavoro ridotto (una sorta di ammortizzatore sociale), a livello nazionale interessano 1,3 milioni di persone e sono toccati dalla misura tutti i cantoni,ma solo il Ticino occupa il 40 per cento delle richieste. Visto il gran numero di domande di lavoro ridotto presentate in Ticino (8.500), dicono dalla Seco, è possibile che i versamenti delle indennità subiscano dei ritardi. E questo è un problema ulteriore, perché in quelle indennità ci sono gli stipendi di svizzeri e frontalieri.
I dati per lavoratori comaschi, varesotti e del Vco, oltre che quelli della Valtellina, non sono confortanti. Un sondaggio effettuato dalla società Gryps, portale che mette in comunicazione le piccole aziende con i consumatori, ha rilevato che il 6,5% delle piccole e medie imprese svizzere interpellate ha già licenziato personale a causa della crisi coronavirus e un ulteriore 8% prevede di farlo prossimamente. Comprensibile è il dato secondo il quale il 54 per cento degli interrogati ha detto di aver smesso assunzioni, anche perché il 34 per cento ritiene che la Confederazione non stia facendo abbastanza per le Pmi. Intanto oltre confine tutte le attività ritenute «non indispensabili» rimangono chiuse almeno fino al 13 aprile, misura che verosimilmente potrebbe essere prorogata visto che nell’intera Confederazione si sono superati i 20.000 contagiati.
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