L’INCHIESTA
Lidia Macchi: arrestato il presunto killer
Catturato a Brebbia Stefano Binda, 47 anni: è indiziato d’aver ucciso la studentessa varesina nel gennaio del 1987

In manette. Alle prime luci dell’alba.
È stato arrestato alle 6.30 di questa mattina a Brebbia il presunto assassino di Lidia Macchi, la 20enne studentessa universitaria di Casbeno uccisa con 29 coltellate la sera del 5 gennaio di 29 anni fa nella radura di Sass Pinì a Cittiglio.
L’uomo accusato di omicidio volontario si chiama Stefano Binda e ha 47 anni. Sarebbe stato un amico della vittima, di cui frequentava gli stessi ambienti.
Gli agenti della Squadra Mobile di Varese lo hanno condotto ora in Questura per le fotosegnalazioni di rito, dopodichè si spalancheranno le porte del carcere dei Miogni.
Sia per il sostituto procuratore generale di Milano Carmen Manfredda, alla quale è stata affidata l’inchiesta dopo l’avocazione del novembre 2013, che ne ha sollecitato l’arresto, sia per il gip varesino Anna Giorgetti, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, non sembrano esserci dubbi. Sarebbe lui il killer misterioso della ragazza all’epoca attiva nei boy scout di Varese, che da quando frequentava l’università si era avvicinata al mondo di Comunione e Liberazione.
Contro di lui, a quanto pare, diversi indizi. A cominciare da una lettera. La lettera anonima recapitata per posta alla famiglia Macchi il giorno del funerale di Lidia, quattro giorni dopo il delitto. Quella missiva, un delirio vagamente mistico che si chiudeva con un cerchio, un simbolo sacro o addirittura un’ostia, intitolata “In morte di un’amica”, contenente dettagli che presumibilmente solo il killer poteva sapere, l’ha scritta lui. Di suo pugno. A certificarlo una perizia calligrafica.
«Siamo stupiti, speriamo che questo serva per fare emergere finalmente la verità». E’ quanto ha spiegato l’avvocato Daniele Pizzi, legale dei familiari di Lidia Macchi. Da quanto si è saputo, l’arrestato, Stefano Binda, conosceva la ragazza e qualche volta aveva anche frequentato la sua casa, anche se non era un amico stretto. Frequentava anche, come la vittima, l’ambiente di Comunione e Liberazione. Laureato in filosofia, l’uomo fino a poche settimane fa non era mai entrato nel giro dei sospettati nel corso delle indagini.
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