‘NDRANGHETA
Cosche in regime di “franchising”
Clamorosa memoria del pm Cerreti all’apertura del processo per i primi nove imputati dell’operazione Krimisa

A cinque mesi dal blitz che ha riportato in cella i volti noti della ‘ndrangheta, c’è già una prima tranche processuale: sono nove gli imputati comparsi davanti al collegio della sesta sezione penale di Milano, tra cui Cataldo Casoppero (che è l’unico a cui è contestato il reato associativo) e il contabile Gianpaolo Laudani. Ma quale sarà l’evoluzione del procedimento per ora non si può ipotizzare: l’avvocato Francesca Cramis ha sollevato subito la questione dell’incompetenza territoriale, ritenendo che debbano essere i giudici del tribunale di Busto Arsizio a trattare il fascicolo.
Il pubblico ministero Alessandra Cerreti, prevedendo la mossa dei difensori, è però arrivato in udienza con una memoria in cui evidenzia il carattere federativo della cosca che da Cirò Marina, oltre vent’anni fa, mise radici a Lonate Pozzolo e Legnano mantenendo però uno stretto legame con la casa madre, la Calabria appunto.
Sottolinea il sostituto procuratore: «La ‘ndrangheta non può più essere considerata come un insieme di ‘ndrine, di locali e di altre strutture territoriali scoordinate e indipendenti, ma come un’organizzazione criminale dalla struttura unitaria, operante sul territorio della provincia di Reggio Calabria, sia in Italia che all’estero e costituita da molte decine di locali, articolate in tre mandamenti e con un organo di vertice denominato “Provincia”».
Dunque «un coordinamento unitario di tipo federativo, che riconduce a unità le diverse famiglie e articolazioni mafiose», una federazione che in Calabria è rappresentata dalla camera di compensazione, la Provincia appunto, un organo collegiale composto dal capo crimine, dal capo società, dal mastro generale e dal contabile (ci sono altre due cariche ma gli inquirenti finora non le hanno individuate).
Al Nord, quell’organismo è stato chiamato Lombardia e confedera le diverse famiglie mafiose. Il pm Cerreti sottolinea il carattere di «franchising» delle cosche, la Calabria è proprietaria e depositaria del marchio, «le filiazioni esterne devono rispondere a determinati standard, in assenza dei quali cessa il riconoscimento dalla casa madre e la possibilità di fregiarsi del brand».
Un’analisi che non può prescindere dalle figure dei vertici, Vincenzo Rispoli ed Emanuele De Castro, il quale però ha deciso di appendere la lupara al chiodo e di collaborare. Gli investigatori del resto è dal 30 aprile 1999 che coltivano questa convinzione, da quando cioè Rispoli - boss gerarchicamente superiore a tutti - venne controllato nella pensione Scacciapensieri di Nettuno con i principali esponenti della ‘ndrangheta lombarda, tra cui Carmelo Novella, ammazzato nel 2008 perché propenso allo scisma da Cirò Marina.
«Alla luce di tutti gli elementi e le sentenze definitive elencati non possono esserci dubbi sulla appartenenza della locale di Lonate-Legnano alla sovraordinata Lombardia, ciò radicando la competenza del processo nel tribunale di Milano».
Il collegio giudicante si è riservato e si esprimerà la settimana prossima. Intanto è confermata la scelta di Rispoli - arrestato a maggio per il concorso nell’omicidio di Cataldo Aloisio - di affrontare la corte d’assise. Il processo partirà a febbraio a Busto Arsizio ed è quasi certo che gli imputati parteciperanno in videoconferenza. A gennaio invece si apre il capitolo dei riti abbreviati per i ventisette coinvolti nell’operazione Krimisa che mirano allo sconto di pena.
© Riproduzione Riservata