’NDRANGHETA
«Lo scemo messo sindaco ha cantato»
Nelle intercettazioni la delusione degli arrestati verso Danilo Rivolta: «I lombardi sono tutti così: non ti devi fidare»

«Dei lombardi non ti devi fidare». Ecco come la ‘ndrangheta mostrava la sua delusione verso l’ex sindaco, colpevole di avere cantato. Un sindaco eletto con i voti della ‘ndrangheta. E questo ormai è stato ripetuto, quasi fino alla noia. Scritto nero su bianco nell’ordinanza firmata dal giudice Alessandra Simion.
Il primo cittadino in questione è Danilo Rivolta finito in carcere il 16 maggio 2017 e rilasciato un paio di mesi dopo, in seguito a un interrogatorio fiume e al patteggiamento.
Proprio quelle rivelazioni sono servite per l’indagine denominata Krimisa (l’antico nome di Cirò Marina) che ha portato in carcere o ai domiciliari trentaquattro persone. Così come avevano avuto un ruolo importante nell’altra maxi-operazione che ha toccato la politica a Milano e in provincia di Varese, cioè la Mensa dei Poveri che ha portato in cella il leader di Forza Italia Nino Caianiello e numerosi altri personaggi.
SVARIATI INSULTI
Quello che, però, si evince dall’ampio lavoro di indagine tramite intercettazioni ambientali e telefoniche è che Rivolta, una volta che ha deciso di vuotare il sacco, è finito oggetto di svariati insulti. «Lo scemo che avevamo messo sindaco qua a Lonate, poi se l’è cantata», dice Cataldo Casoppero, uno degli arrestati, in una conversazione. In un colloquio con Emanuele De Castro, altro arrestato: «Chissà quante ne ha dette anche il sindaco di noi. L’ho visto che si mette il cappellino per non farsi riconoscere». Più avanti afferma: «Dobbiamo cercare di mandare via sto cazzo di sindaco». Insiste Casoppero: «Tu lo sai per Rivolta cosa ho fatto, per Danilo no? Sono stato io che ho fatto la campagna elettorale per lui».
FORTE RISENTIMENTO
Estremamente significativo ciò che dice mentre parla da solo ad alta voce e che fa trasparire il forte risentimento nei confronti di Rivolta, evidentemente per promesse non mantenute. «Ce la possiamo bruciare la macchina», afferma. «Gli faccio un dispetto al sindaco, sto pagliaccio». E ancora: «A quel pagliaccio di Danilo, fino a quando non gli faccio qualche dispetto». Il quadro precipita quando Rivolta comincia a collaborare con gli inquirenti. In un colloquio tra Cataldo Casoppero e un altro personaggio, parlando dell’ex sindaco di Lonate viene detto: «Si è rovinato con le sue stesse mani. È un coglionazzo. È già buono che non perde la famiglia». Non solo, non sono ripagate le aspettative: «Danilo mi aveva promesso che a mia nipote l’avrebbero presa al Tigros, quando stavano facendo il Tigros».
DELUSI DALL’AMMINISTRAZIONE
Quello che più preoccupa, secondo gli inquirenti, è che tutto ciò avviene «in un quadro generale di sfiducia da parte degli stessi indagati, delusi dalla precedente amministrazione che, evidentemente, non ha saputo favorirli come essi avrebbero voluto».
In sintesi: «Prima l’abbiamo messo su come sindaco e poi è andato a dire che qua c’era la ‘ndangheta. Eh ma i lombardi — è l’amara considerazione di Casoppero — sono tutti così, ti devi fidare pochissimo, per niente proprio».
RABBIA E VENDETTA
A leggere queste frasi si ha l’idea di chi sono questi personaggi e, nel contempo, si legge la rabbia e la voglia di vendetta nel momento in cui i propositi degli esponenti delle famiglie della ‘ndrangheta non vengono soddisfatti. Il tutto in un quadro molto preoccupante del territorio per «la permeabilità delle istituzioni locali, infiltrate da amici, parenti e conoscenti degli indagati».
Particolarmente critica appare la situazione dei due Comuni di Ferno e Lonate Pozzolo, «le cui giunte — si legge nell’ordinanza — sono espressione della capacità del gruppo criminale di veicolare considerevoli quantità di voti, barattandoli con la nomina di familiari e parenti a cariche politicihe ed amministrative». Uno scenario che ora l’indagine ha spazzato via. Almeno questo sperano inquirenti e cittadini.
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