DOPO IL GIRO DI VITE
Comunicazione di Procure e Polizia giudiziaria, interviene l’Ordine dei giornalisti della Lombardia
Nuova interpretazione delle norme: presentato il primo documento sulla libertà di informazione

La presunzione di innocenza è un diritto fondamentale, ma non può essere tutelato comprimendo la libertà di informazione dei giornalisti. È quello che di fatto sta accadendo, anche in Lombardia, a causa di un’interpretazione troppo rigida delle nuove norme sulla comunicazione delle procure e della polizia giudiziaria entrate in vigore un anno fa (e prevista dal d.lgs. 188/2021).
I PRINCIPI DEL DOCUMENTO
L’Ordine dei giornalisti della Lombardia ha dedicato al tema il suo primo documento sulla libertà di informazione proponendo un’interpretazione delle norme che tuteli i principi di trasparenza e insieme quelli della presunzione di innocenza. L’Ordine della Lombardia, in particolare, auspica:
- che il rapporto con i giornalisti sia rapido e continuo;
- che l’informazione diffusa da procure e polizia giudiziaria sia completa:
- che sia evitata ogni burocratizzazione nei flussi di informazione: le norme vanno applicate solo all’Informazione istituzionale delle Procure e non devono impedire il necessario lavoro di verifica, da parte dei giornalisti, di notizie attinte a fonti private.
- che le norme non siano applicate a notizia che non siano, o non siano ancora, oggetto di indagini, in modo che non influiscano sulla cosiddetta cronaca nera
- che l’organizzazione delle Procure sia adattata alle nuove responsabilità attribuite dalla legge.
L’Ordine della Lombardia, da parte sua:
- richiama tutti i colleghi all’esatto rispetto delle norme deontologiche in materia di presunzione di innocenza e di dignità dei condannati
- invita, nel pieno rispetto della loro indipendenza, le scuole di giornalismo ad ampliare le ore di lezione dedicate al diritto penale, al diritto processuale penale, alla criminologia in modo da approfondire, anche con esercitazioni pratiche, le modalità corrette per seguire le attività di indagine, i processi e per leggere le carte processuali
- si impegna a organizzare corsi e percorsi di formazione sugli stessi temi e a favorire il più ampio dibattito su questi temi
- continuerà inoltre a vigilare sull’applicazione dei principi della presunzione di innocenza e a monitorare le modalità di applicazione delle norme anche da parte delle singole procure, anche attraverso la Commissione sulla Presunzione di innocenza costituita a giugno 2022.
Di seguito, il testo del documento.
LA PRESUNZIONE DI INNOCENZA E L’ACCURATEZZA DELL’INFORMAZIONE: IL RUOLO DELLE
PROCURE
A un anno di applicazione delle norme sui rapporti tra procure, polizia giudiziaria e giornalisti a tutela del principio costituzionale della presunzione di innocenza (contenute nel decreto legislativo 188/2021) l’Ordine dei giornalisti della Lombardia ritiene necessario segnalare le criticità create in tutta la Lombardia dall’applicazione e dall’interpretazione di queste regole, che impediscono ai giornalisti di ottenere dalle p rocure e dalle forze dell’ordine le informazioni necessarie per poter pubblicare con la dovuta serenità professionale informazioni accurate sullo svolgimento delle indagini e dei processi, proporre alcune possibili soluzioni, e indicare le sue prossime iniziative. L’Ordine ritiene, in ogni caso, che sia necessaria una modifica radicale di alcune disposizioni che rendono incostituzionale il decreto
GLI OBIETTIVI MANCATI DELLA PRESUNZIONE DI INNOCENZA
Il principio della presunzione di innocenza è un principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico. Come ogni altro, merita di trasformarsi - nel rispetto di tutti gli altri diritti fondamentali - da mera previsione giuridica in tutela concreta dei diritti individuali e
fondamentali in una società civile. È ancora troppo diffuso, in ampie parti dell’opinione pubblica, un principio opposto che potrebbe essere definito di “presunzione di colpevolezza” ne i confronti di coloro che sono stati coinvolti in un’indagine o un procedimento penale. È quindi emersa con forza la necessità di evitare danni reputazionali che derivino dall’essere coinvolto in un processo penale, tanto più in considerazione dell’elevato numero di errori giudiziari. Allo stesso modo, non è sempre chiara, nel comune sentire, la differenza tra la responsabilità penale, con tutte le sue conseguenze giuridiche, e le diverse, spesso più ampie, responsabilità politiche, sociali, morali.
La tendenza della legislazione comunitaria a trasformare il principio giuridico in senso comune è quindi condivisibile. Lo sforzo va quindi sostenuto, nell’ambito della loro competenza, anche dagli Ordini dei giornalisti regionali e, nella loro totale indipendenza, dai consigli di disciplina territoriali, attraverso le attività di formazione e di verifica deontologica, alla luce del Testo unico dei doveri dei giornalisti. Le norme italiane di attuazione della direttiva del Parlamento europeo sulla presunzione di innocenza, per quanto animate dal perseguimento di un obiettivo condivisibili presentano diversi aspetti controversi, derivanti da una formulazione tecnica infelice che si espone, in concreto, a evidenti distorsioni applicative.
Da un punto di vista stretta mente giornalistico, le norme - entrate in vigore circa un anno fa, il 14 dicembre 2021 - previste dal decreto legislativo 188/2021 (che hanno modificato l’articolo 5 del decreto legislativo 106/2006) non tengono conto della diversità dei tempi rilevanti per il lavoro del giornalista e di quelli rilevanti per lo svolgimento delle indagini e dei processi. Una carenza che inevitabilmente ha coinvolto anche l’interpretazione e l’applicazione delle norme. Il tema del disallineamento dei tempi di lavoro continuerà ad accompagnare non solo il dibattito sulla presunzione di innocenza, ma anche ogni discussione sulla cronaca giudiziaria e sulla corretta informazione delle attività processuali. In termini concreti, però, non riuscire a rispondere alle esigenze di rapidità dei giornalisti nel dare ma anche nel verificare le notizie, significa esporli a quella che è stata chiamata, con immagini forti ma efficaci, un’”istigazione a delinquere” e a invitarli a far ricorso al “mercato nero della notizia”.
Due le conseguenze: la “privatizzazione” dei flussi informativi e l’irresponsabilità dei giornalisti. In una situazione di crescenti difficoltà oggettive, l’informazione complessiva sulle indagini corre il rischio di essere abbandonata solo ad alcune fonti private non direttamente toccate dalle nuove norme rendendo di fatto impossibile per il giornalista la ricerca di riscontri dalla parte pubblica del procedimento penale, come prevede in modo inderogabile la regolamentazione deontologica, soprattutto nella diffusione delle notizie “secche” (meno nei servizi di approfondimento). Privi degli strumenti per ristabilire un equilibrio tra le diverse parti del processo “dentro le mura”, i giornalisti potrebbero essere costretti a dare una versione fortemente parziale.
L’esito paradossale è che diventa sempre più complessa, anche se non certo impossibile, anche la valutazione deontologica dei giornalisti, che non sono messi in condizioni di effettuare il proprio lavoro in modo accurato. Un’appropriata interpretazione delle norme potrebbe evitare la lunga serie di possibili conseguenze indesiderate. È opinione comune, in dottrina, che il decreto legislativo presenti molti aspetti critici, in parte legati alla stessa difficoltà di affidare a uno strumento legislativo la funzione di estendere la portata del principio della presunzione di innocenza dalle aule dei tribunali all’intera società. Al momento, e in attesa di una necessaria correzione delle norme, solo la loro concreta interpretazione da parte delle singole procure, alla luce dell’intero ordinamento giuridico italiano e comunitario insieme alla valutazione attenta della situazione di fatto in cui devono essere applicate, può allora impedire conseguenze indesiderate e indesiderabili. Oggi, al di là di alcuni lodevoli eccezioni, l’interpretazione delle norme ha ridotto fortemente i flussi di informazione, anche in Lombardia.
A un anno dall’entrata in vigore, le informazioni provenienti dalle procure si sono fatte notare per una forte inadeguatezza rispetto alle esigenze di un’informazione accurata, e quindi deontologicamente corretta, in relazione al concreto esercizio della giurisdizione nel nostro Paese. Solo la grande professionalità dei giornalisti ha impedito di trasformare la cronaca giudiziaria e, per un’estensione delle norme ad ambiti che vanno al di là della loro portata, la cronaca nera in un vuoto informativo. La forte discrepanza delle interpretazioni delle norme da Procura a Procura ha reso anche più evidente il problema. Se le norme hanno evidentemente lasciato ai singoli uffici il compito di adattare l’interpretazione alla situazione concreta e alle risorse disponibili, un’applicazione eccessivamente divergente corre il rischio di creare diseguaglianze non irrilevanti nella concreta libertà di informare correttamente e nel diritto a essere informati. L’interpretazione delle norme è stata finora caratterizzata da un rispetto eccezionalmente formale delle sole norme del decreto legislativo.
La tendenza da parte delle procure, in tutta Italia e quindi anche in Lombardia, è stata quella di un’applicazione troppo rigida delle norme che ha creato una forte burocratizzazione del rapporto tra procure e giornalisti e, soprattutto, ha portato di fatto a individuare nella segretezza - la mancata divulgazione dei nomi, per esempio - la tutela della presunzione di innocenza, senza tener conto dell’interesse pubblico alla trasparenza delle indagini (laddove, evidentemente, la segretezza non sia necessaria al loro svolgimento).
L’INTERESSE PUBBLICO E I PROCESSI PENALI
Ogni processo riveste, per sua natura, un interesse pubblico. L’intero diritto processuale penale, tutte le norme - sia costituzionali, sia contenute nella convenzione europea dei diritti dell’uomo sulla pubblicità del processo rispondono a questo principio, fondamentale in un sistema liberale e democratico. Il controllo sull’operato della magistratura, come su qualsiasi altro potere, da parte della società civile richiede la conoscenza piena di tutti gli aspetti del processo. La segretezza delle indagini non può che essere un’eccezione, stabilita per rendere efficace l’azione investigativa. Ogni processo e ogni indagine possono essere poste, da soli o insieme ad altri simili, al centro di una notizia o di un approfondimento, anche dal singolo giornalista.
I motivi possono essere i più diversi: la rilevanza locale da un punto di vista geografico, per un determinato gruppo di persone, per un tema di cui si vuole esercitare l’advocacy. Il riferimento all’”interesse pubblico” contenuto nella legge non può che essere interpretato nel senso più ampio. Individuare poche indagini come meritevoli di un interesse pubblico potrebbe, all’opposto, avere l’effetto di concentrare l’attenzione dell’opinione pubblica su pochi eventi, che diventerebbero paradossalmente quegli eventi mediatici che la legge intende disincentivare.
I giornalisti devono essere messi in condizione di concorrere, con un rapporto continuo con gli uffici giudiziari e del le forze dell’ordine e con il loro lavoro, alla valutazione da parte della Procura della sussistenza in concreto, e non semplicemente in astratto, dell’interesse pubblico e della rilevanza pubblica. Definire quale evento costituisca notizia o informazione meritevole di approfondimento è il compito dei giornalisti. Questo principio vale, a maggior ragione, per le informazioni relative ai processi penali. Azzerare o ridimensionare questo compito di gatekeeping, di apertura dei cancelli delle informazioni, ai giornalisti significa azzerare il loro ruolo professionale a favore di quell’appiattimento delle informazioni a favore di intermediari non professionali, o fonti più spregiudicate, che rappresenta in realtà il vero problema dell’attuale sistema informativo.
Non va in questa direzione la tendenza attuale a pubblicare comunicati senza nomi di persone giuridiche e fisiche, persino nel caso della chiusura delle indagini. Si tratta di un escamotage, peraltro povero, che può dare al Procuratore l’illusione di essere al riparo delle responsabilità disciplinari - ma in realtà anche la carenza o l’assenza di informazioni può essere censurabile e rende molto difficile lo svolgimento di un’accurata attività giornalistica. Anche le procure, in quanto poteri pubblici, devono mettere i giornalisti in condizione di lavorare in modo accurato. La libertà di stampa, quando esercitata da giornalisti-professionisti e pubblicisti - su base regolare e retribuita, non può essere semplicemente intesa come libertà negativa, priva di restrizioni e sanzioni da parte dei poteri dello Stato, ma anche come la libertà positiva di offrire un’informazione accurata. Questo comporta, da parte delle autorità pubbliche (e non solo) un’ampia collaborazione perché siano disponibili tutti gli strumenti necessari per l’esercizio di questa libertà. Solo in questo modo la più ampia libertà di stampa, e la libertà di informazione corretta, possono conciliarsi con il diritto a essere informati, e di avere a disposizione gli strumenti conoscitivi per valutare e decidere da parte dei cittadini.Le norme del decreto legislativo fanno riferimento a “specifiche” ragioni di interesse pubblico da indicare nel caso di pubblicazione di comunicati e di conferenza stampa. In questo modo sono quindi escluse ragioni puramente generiche.
È verosimile che le norme vogliano evitare abusi, da parte della pubblica accusa, nel momento in cui affida ai P rocuratori il compito di accendere o tener spenti i riflettori sulle indagini. Non possono però essere considerati generici i principi costituzionali, e tra questi la libertà di stampa sui quali si fondano i nostri sistemi liberali e democratici, che prevedono la libera valutazione dell’operato delle autorità pubbliche. La valutazione delle specifiche ragioni di interesse pubblico previste dalla legge deve essere svolta tenendo in considerazione la generale - e mai generica - libertà di stampa e di corretta informazione. È evidente che l’interpretazione delle norme del decreto legislativo, come di tutte le norme vigenti, non può essere svolta in modo da limitare o ledere i diritti fondamentali previsti dal diritto italiano e comunitario.
LE PROPOSTE DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI DELLA LOMBARDIA
L’Ordine dei giornalisti della Lombardia, nell’ambito delle sue attività istituzionali, ritiene necessario proporre soluzioni percorribili anche sul piano dell’interpretazione delle norme. In particolare, secondo l’Ordine: È auspicabile che l’interpretazione delle norme tenga conto del principio generale della trasparenza dell’attività delle Procure, più in generale, di ogni autorità giudiziaria e pubblica. La trasparenza nell’esercizio delle funzioni dei procuratori è una componente fondamentale dello stato di diritto ed una delle garanzie importanti di un giusto processo, oltre
a essere “un modo per assicurare la fiducia del pubblico, recita il Parere (8/2013) del Consiglio consultivo dei Procuratori europei (Ccpe) sui rapporti tra il pubblico ministero e i mezzi di informazione.
“La trasparenza e la comprensibilità dell’azione giudiziaria sono valori che discendo no dal carattere democratico dell’ordinamento e sono correlati ai principi d’indipendenza e autonomia della magistratura nonché a una moderna concezione della responsabilità dei magistrati”, è il principio espresso dalle Linee guida per l’organizzazione degli uffici giudiziari ai fini di una corretta comunicazione istituzionale adottate dal Consiglio superiore della magistratura l’11 luglio 2018. È auspicabile che il rapporto con i giornalisti sia rapido e continuo. Gli orientamenti in materia di comunicazione istituzionale su procedimenti penali, adottati dalla Procura generale della Corte di Cassazione l’8 aprile 2022, prevedono - nel pieno rispetto delle prerogative di ciascun Procuratore - che l’informazione sia “completa ed efficace; dunque, anche rapida e continuativa”.
LE LINEE GUIDA DEL CSM
Anche le linee guida del Csm invitano a tener conto delle esigenze di “tempestività”, oltre che di “correttezza ed efficacia” dell’informazione. La continuità del rapporto è necessaria alle procure, e alle Forze dell’Ordine, tanto quanto ai giornalisti. “Le forze dell’ordine e il pubblico ministero possono, informando i media sui procedimenti in corso, ed in particolare sulle inchieste, ottenere informazioni dal pubblico, aumentando così l’efficacia del sistema di giustizia”, nota il Parere del Ccpe. Solo un rapporto continuo e aperto con i giornalisti, nella loro attività quotidiana, permette ai Procuratori di conoscere le peculiarità del lavoro dei media e di aver chiari quali processi, e per quali motivi, sono di effettiva rilevanza pubblica. È auspicabile quindi che l’informazione sia in ogni caso completa.
L’informazione deve essere completa, spiegano gli Orientamenti, anche perché non va “abbandonata alla disponibilità delle parti private, nel corso del procedimento; parti per le quali non è invece posto alcun obbligo di rispetto di canoni seppur minimi di correttezza dell’informazione”. I comunicati decisamente lacunosi, privi dei nomi delle imprese e delle persone, che sono stati emessi in questi primi mesi di applicazione delle nuovenorme non rispettano lo spirito della legge. È auspicabile che l’interpretazione delle norme eviti in ogni caso la burocratizzazione dei flussi di informazione.
La Cassazione ritiene che le nuove norme si applichino all’”informazione istituzionale” e solo a questa. Le linee interpretative emesse da ciascuna Procura dovrebbero precisare questo elemento, anche a favore delle forze dell’Ordine, alle quali dovrebbe essere esplicitamente attribuita, in modo da evitare timori e rischi di procedimenti disciplinari, tutta l’attività di informazione che esuli dall’informazione istituzionale delle Procure. Il documento della Cassazione ritiene inoltre che soltanto la conferenza stampa, e non il comunicato “deve essere motivata con atto a parte in cui si dia conto dell’interesse pubblico specificamente ravvisato che giustifica la stessa”.
È auspicabile che sia garantita la possibilità di verificare le informazioni raccolte da altre fonti, anche allo scopo di rettificare eventuali false informazioni. Non si può rendere impossibile ai giornalisti l’attività, in genere molto rapida, di verifica delle informazioni raccolte altrove. “La comunicazione diretta con il giornalista è certamente lecita, e potrebbe anche configurarsi come doverosa”, ritengono gli Orientamenti della Cassazione che pure non riescono a tener conto fino in fondo del problema del disallineamento tra i tempi dei media e quelli del processo.
Nel caso in cui queste verifiche non fossero possibili o fossero ostacolate, si giungerebbe a un’altra conseguenza paradossale: le norme e la loro interpretazione impedirebbero alla Procura e alle forze dell’Ordine di ridurre il rischio di diffusione di notizie scorrette o, peggio, di alimentare “processi mediatici” sulla base di informazioni distorte, con evidenti danni reputazionali di coloro che siano coinvolti in un processo. È auspicabile che dall’ambito dell’informazione istituzionale delle Procure siano escluse espressamente le notizie che non fanno parte, o non fanno ancora parte, di indagini.
LA CRONACA GIUDIZIARIA
La cronaca giudiziaria va distinta dalla cronaca nera, che spesso avviene in luoghi pubblico o aperti al pubblico o con modalità che possono facilmente essere conosciuti dai cittadini i quali hanno, in questi casi , diritto e necessità rafforzati di avere informazioni corrette. L’esigenza di rapidità del lavoro giornalistico, la necessità di garantire un’informazione accurata e corretta, rende opportuno autorizzare in via generale le forze dell’ordine a dare le informazioni necessarie a facilitare il compito dei giornalisti, con una particolare attenzione a coloro che si occupano di giornalismo televisivo, radiofonico, fotografico o facciano comunque uso di queste modalità di comunicazione.
Il rischio è quello di alimentare inconsapevolmente flussi di informazione non controllata da parte di persone prive della necessaria professionalità e dei diritti e dei doveri rafforzati derivanti dallo status di giornalista iscritto all’Ordine. È auspicabile che la struttura degli uffici della Procura sia adattata alle nuove esigenze di informazione. Nei limiti delle risorse disponibili l’attività di comunicazione istituzionale deve essere appropriata, soprattutto nelle procure più grandi, al ruolo che l’informazione riveste sempre più in tutta l’attività processuale, dalle indagini alla sentenza. Le esperienze straniere prevedono magistrati con funzioni di press judge o Justizpressesprecher - come anche le norme italiane sembrano prefigurare - che possono avvalersi di portavoce e consulenti esterni per la comunicazione.
LA CREAZIONE DI POSTI DI PORTAVOCE GIUDIZIARIO
Deve essere incoraggiata la creazione di posti di portavoce giudiziario o di servizi stampa e comunicazione sotto la responsabilità dei tribunali o sotto il controllo dei consigli superiori della magistratura o di altre autorità indipendenti”, nota del resto la Raccomandazione Rec (2010)12 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa agli stati membri, sul tema dell’indipendenza, efficacia e responsabilità dei giudici, adottata il 17 novembre 2010. Analoga raccomandazione appare nel rapporto “Public Confidence and the Image of Justice– Report 2017- 2018” , approvato a Lisbona il 1° giugno 2018 dall’ENCJ ( European Network of Councils for the Judiciary). È auspicabile che siano resi disponibili tutti gli atti depositati (e non secretati).
La pubblicazione di un comunicato stampa, l’indizione di una conferenza stampa, o anche un flusso sufficientemente forte di richieste di verifica delle informazioni dovrebbe far scattare, per via interpretativa, qualcosa di simile a una presunzione di richiesta di accesso agli atti, da parte di giornalisti appositamente accreditati, prevista dall’articolo 116 del Codice di procedura penale. È anche auspicabile che gli atti siano messi a disposizione in formato elettronico - non tutti i giornalisti interessati devono essere considerati o devono recarsi fisicamente nel territorio del circondario - e che siano rivisti, come principio generale, i costi a favore di tutte le parti evitando così discriminazioni sia per l’accesso alla giustizia sia per la libertà di informazione. L’obiettivo dovrebbe essere quello della pubblicazione di tutti gli atti (non secretati) depositati e non solo di quelli ostensibili.
LA RESPONSABILITÀ DEI GIORNALISTI E IL RUOLO DELL’ORDINE
Il mondo del giornalismo deve dare il suo contributo a una corretta applicazione del principio di presunzione di innocenzaanche al di fuori delle aule delle procure e dei tribunali. Nella consapevolezza - che deve essere chiara ai giornalisti come a magistrati, avvocati e giuristi - che alla responsabilità penale, oggetto del principio dipresunzione di innocenza, si affiancano, e vanno ben distinte, diverse e più ampie responsabilità politiche, sociali e morali, che possono essere oggetto di accurata valutazione critica da parte dell’opinione pubblica anche in base ai fatti individuati come elementi di prova nel corso delle indagini o accertanti nel corso del processo penale e anche nel caso in cui si giunga a un proscioglimento degli imputati. L’Ordine dei giornalisti della Lombardia, da parte sua, intende prendere alcune iniziative. L’Ordine richiamerà tutti i colleghi al rispetto esatto delle regole deontologiche previste dal Testo unico dei doveri del giornalista non solo sul tema della presunzione di innocenza, in modo da ridurre il danno reputazionale del coinvolgimento in un processo, ma anche su quello del rispetto della figura del condannato dopo il processo, con l’obiettivo di evitare quello che è stato chiamato il qualunquismo dei mezzi di informazione di massa.
LE SCUOLE DI GIORNALISMO
L’Ordine inviterà le scuole di giornalismo della Lombardia ad ampliare le ore di lezione dedicate al diritto penale e al diritto processuale penale e alla criminologia in modo da approfondire, con esercitazioni pratiche, le modalità corrette per seguire le attività di indagine e i processi e per leggere le carte processuali, anche alla luce dell’elevato numero di errori giudiziari nel nostro Paese, e a trattare con la dovuta dignità le figure degli indagati, degli imputati e dei condannati, alla luce della normativa italiana e comunitaria e delle più avanzate conclusioni della criminologia.
L’Ordine organizzerà, nell’ambito dell’offerta di corsi e percorsi di formazione continua, lezioni su questi temi allo scopo di sviluppare ulteriormente la professionalità dei giornalisti già attivi nella cronaca giudiziaria e nella cronaca nera e alla più ampia platea dei giornalisti che in qualsiasi momento possono essere chiamati a occuparsi di questi temi. L’Ordine si attiverà, e si rende disponibile, per favorire il più ampio dibattito su tutti gli aspetti del principio della presunzione di innocenza tra giornalisti, magistrati, avvocati, forze dell’ordine, imputati, condannati e cittadini. L’Ordine continuerà a vigilare sull’applicazione dei principi della presunzione di innocenza e a monitorare le modalità di interpretazione delle norme del decreto legislativo, anche delle singole procure, con l’aiuto della Commissione interna sulla presunzione di innocenza istituita a giugno 2022.
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