FESTA LIBERAZIONE
Luino, Battarino: «Democrazia è la patria»
Il discorso dell’ex magistrato alle celebrazioni del 25 aprile. Il monito contro le violenze sui Social

«La Repubblica italiana, la Costituzione della Repubblica: questa è la patria. Essere "contro" va bene, non dimentichiamo certo contro quale oscurità lottarono coloro che scelsero la Resistenza. Ma pensiamo, con uno sguardo aperto in direzione del futuro, "per" cosa noi siamo e a quale adesione bisogna invitare tutti i concittadini, senza pregiudizi, senza presuntuose primogeniture ma con l’umiltà consapevole di chi coltiva la forza della ragione, delle idee, non da una "sua" e contrapposta, ma dalla parte della cittadinanza costituzionale, che tutti ci accomuna». Questo un passaggio, forse il più evocativo, che scuote, tocca le coscienze, del discorso pronunciato oggi, venerdì 25 aprile, dall’ex magistrato varesino e scrittore Giuseppe Battarino, alle celebrazioni della Festa della Liberazione a Luino.
Ecco il suo intervento integrale dal palco della cerimonia, nella “sua” Luino.
«È con adesione profonda alla comunità di cittadini che oggi è qui riunita, che vi saluto e vi ringrazio per consentirmi di condividere questa giornata nella città che più di trent’anni orsono ho scelto per iniziare la mia esperienza di lavoro al servizio dei cittadini, in un territorio dove si colloca una delle mie radici familiari. In questi tempi difficili siamo chiamati a compiere delle scelte, a tracciare una linea. A compiere il nostro dovere, a svolgere il nostro lavoro. In questi giorni di lutto per la morte di Papa Francesco credo che l’esempio del suo voler compiere il proprio lavoro sino all’ultimo e con tutte le forze, sia luminoso. Papa Francesca, un parroco prima che Vescovo di Roma: come don Piero Folli, come i tanti parroci e sacerdoti che durante la Resistenza seppero scegliere, e che lo farebbero, come lui, anche oggi».
«A noi, come cittadine e cittadini - ha aggiunto Battarino - tocca proseguire con forza tranquilla il lavoro delle donne e degli uomini che ottant’anni fa, liberando e poi ricostruendo l’Italia, hanno saputo mostrare che "si vive meglio perché siamo nati per vivere insieme, non per vivere separati l’uno dall’altro". Sono, queste, parole del nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a cui dobbiamo essere grati per il suo quotidiano, indispensabile, lavoro».
«VIVERE SEPARATI, PRODURRE CONFLITTI»
«Vivere separati, produrre conflitti, prevalere con la forza, sembrano essere le caratteristiche della contemporaneità. Ma allora proprio per questo è necessario, in questo luogo, pensare al sacrificio di chi fu vittima dell’esercizio estremo e delirante di quella forza, come i caduti della Gera di Voldomino a cui renderemo omaggio».
«LO SCRIVEVA PIERO CHIARA»
«Ma in quel periodo, quello che accadeva, in questi nostri luoghi, era anche il manifestarsi di scelte etiche, come quelle di aiutare chi doveva forzatamente emigrare. La pietà e la carità non avevano e non dovrebbero avere confine - ha detto Battarino -. Lo scriveva nel suo diario il nostro scrittore Piero Chiara, nel descriversi profugo appena espatriato, inseguito dalla vendetta del tribunale speciale fascista, nei suoi primi giorni al di là del confine svizzero: "vivo di carità, e mi stupisco che il mondo sia così buono". Un mondo buono, disponibile ad aiutare: una rivelazione inattesa in quel cupo passato, un ideale per il nostro presente, contro la violenza e l’odio».
«CARITÀ E GIUSTIZIA NEGATE»
«La carità, la pietà, la giustizia: quelle negate, nel mondo d’oggi, ad Armando Albrego Garcia, che è giusto citare anche se è un essere umano di un luogo lontano rispetto al nostro. Viveva negli Stati Uniti da quasi vent'anni, è stato deportato in un campo di concentramento in Centro America. Solo che l’hanno deportato per errore: ma il governo statunitense attuale non ha nessuna voglia di cambiare idea, tanto è un migrante, tanto chisseneimporta di una vita che vale meno».
«ESERCIZIO STRUTTURALE DI VIOLENZA»
«Le vite che valgono meno: come quelle di chi allora si opponeva al regime, costruito nel modo rovinoso che Giacomo Matteotti ricordò nel suo ultimo discorso parlamentare, creando cioè una Nazione politicamente divisa tra "padroni", chi vince e comanda, e "sudditi", chi subisce il comando: vite che valgono meno - ha spiegato Battarino -. Il fascismo non è riducibile a fenomeno politico ordinario, eventualmente incorso in errori: si è fondato su uno strutturale esercizio di violenza e prevaricazione, fino all’omicidio - quello di Matteotti, del quale abbiamo ricordato l'anno scorso il centenario, e quelli, molti, che lo hanno preceduto e seguito - come strumenti di conquista e mantenimento del potere».
«IN POLITICA SI RAPPRESENTANO I CITTADINI»
«La nostra scelta costituzionale è invece quella di una democrazia fatta di "forme e limiti" come dice l'articolo 1 della Costituzione. In questa nostra democrazia non si vince e non si comanda: in politica si rappresentano i cittadini, tutti i cittadini, ponendosi, temporaneamente, con disciplina e onore, al loro servizio. Per arrivare a questo prezioso risultato ci vollero, allora, venti terribili anni, le leggi razziali, le condanne a morte e a migliaia di anni di carcere e di confino comminate dai tribunali speciali fascisti, la spaventosa guerra voluta dalla sciocca deriva di un capo di governo presuntuoso e fallito, il servilismo delittuoso nei confronti dei nazisti: tutto questo fece risvegliare progressivamente gli italiani dall’inconsapevolezza in cui la propaganda di regime li aveva in gran parte fatti sprofondare».
«LUNGA MARCIA DI IDEALI»
Ma accanto a questa storia c’è la storia di una lunga marcia di lavoro e di ideali, che sta nelle vite delle donne e degli uomini che da subito rifiutarono di inchinarsi al totalitarismo e che nel momento più difficile, a guerra in corso, seppero creare una rappresentanza politica unitaria degli antifascisti italiani e prefigurare un futuro in cui riuscivano a intravedere la conquista della libertà e la collocazione di una nuova e pacifica Italia nella comunità internazionale, nuovamente rispettata dopo la vergogna in cui il regime l’aveva trascinata».
«EGOISMO VIOLENTO CHE CI ALLARMA»
«La storia di questo pensiero coraggioso, della Liberazione, della transizione verso uno Stato nuovo, del voto repubblicano e dell'opera costituente, è la vicenda centrale del nostro passato comune che dobbiamo avere sempre presente. Viviamo, oggi, un tempo di egoismo violento, che ci deve allarmare, che può sfociare in un disordine oscuro.
«VIOLENZA VERBALE SUI SOCIAL»
«Dovrebbero riflettere - ha detto ancora Battarino - coloro che affidano alla violenza verbale dei social network, o a personalistiche esibizioni, non una critica ragionata ma solo frammenti di una crescente miseria comunicativa che alimenta una rabbia strumentale. O coloro che esercitano quel violento egoismo nei confronti delle vite umane che secondo loro valgono meno, che possono essere additate all’odio e sacrificate in cambio del piatto di lenticchie di un effimero».
«Ricordiamoci della sacralità dei luoghi destinati al confronto istituzionale e democratico ma anche dei luoghi pubblici, in cui persone reali incontrano, incrociano il loro sguardo, comunicano: come noi, qui, oggi, creando quelle indispensabili "formazioni sociali" nelle quali la nostra Costituzione, con straordinaria profondità, dice che si realizza la persona umana».
«QUESTA È LA PATRIA»
«La Repubblica italiana, la Costituzione della Repubblica: questa è la patria. Essere "contro" va bene, non dimentichiamo certo contro quale oscurità lottarono coloro che scelsero la Resistenza. Ma pensiamo, con uno sguardo aperto in direzione del futuro, "per" cosa noi siamo e a quale adesione bisogna invitare tutti i concittadini, senza pregiudizi, senza presuntuose primogeniture ma con l’umiltà consapevole di chi coltiva la forza della ragione, delle idee, non da non da una "sua" e contrapposta, ma dalla parte della cittadinanza costituzionale, che tutti ci accomuna».
«AUTONOMIE LOCALI CASA DEI CITTADINI»
«A ognuno, questa nostra Repubblica, attraverso la sua ineguagliata Costituzione, dice che la solidarietà è un dovere; che lo è il rispetto delle leggi; che le autonomie locali, e per primi i Comuni, sono la casa delle cittadine e dei cittadini. Che la Repubblica non si può fondare sull’affermazione della forza di un capo ma si regge su delicati e intelligenti equilibri. Che è la paziente costruzione di una storia collettiva fatta della fatica e della bellezza della democrazia».
«RISPETTO DATO E RICEVUTO»
«Interpelliamo le intelligenze e le coscienze: dove vuoi stare? dove vuoi che vada il mondo? la nostre ltalia democratica, parlamentare, costituzionale, è la tua patria? Se lo faremo con compostezza, con tranquillità, con apertura mentale, senza presunzione, senza rotorica, ci troveremo al fianco persone per bene, galantuomini di orientamenti politici diversi ma accomunati dal rispetto, dato e ricevuto. Ci sarà pur sempre qualcuno che vorrà porsi fuori e contro la democrazia costituzionale: se sapremo tracciare quella linea ed essere, collettivamente sentinelle della democrazia, costoro si ridurranno a pochi, tristi, spaventati cultori del passato, del disordine, dell’egoismo disperato, di una inutile e greve oscurità».
«Penso alle parole di un ragazzo di diciotto anni, un coetaneo dei ragazzi che oggi sono qui e che abbraccio, le voglio citare, per concludere: "Oggi è stata una bellissima giornata, un bel sole ha brillato tutto il giorno, il firmamento era azzurro, e non c’era nemmeno una nuvola; si sentiva in pieno la primavera. Auguro a tutti voi che la vostra vita sia bella come questa giornata, che vi sia in essa molto sole, e pochissime nuvole; oppure solo quelle che portano la rugiada". Sembrano scritte oggi, per questa nostra luminosa giornata. Sono le parole che scrisse nel 1943 Jan Cerny, un ragazzo cecoslovacco di diciotto anni, sapendo che di lì a poco sarebbe stato portato sul patibolo e ucciso per avere aiutato i partigiani. Sono state scritte per noi.
«DIRITTO A GIORNATE LUMINOSE»
«Noi che rivendichiamo il diritto a giornate luminose, perché insieme conserveremo la storia, vivremo consapevolmente il presente, condivideremo un futuro di umanità, di rispetto, di democrazia costituzionale».
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