IL FENOMENO
Frontalieri al contrario: ecco gli svizzeri
Sempre più famiglie giovani scelgono paesi italiani nelle zone di confine: la vita costa meno

Aumentano a ridosso delle zone di confine del Luinese gli svizzeri che prendono casa in Italia lasciando il Canton Ticino.
Un’inchiesta della Radiotelevisione Svizzera (Rsi) nella trasmissione Patti Chiari, nei giorni scorsi ha affrontato il tema aprendo un importante dibattito nel Cantone, soprattutto circa le ragioni del trasferimento verso Cremenaga, Luino o Ponte Tresa.
Sia chiaro, non parliamo di numeri da record o di “esodo biblico” ma di un trend comunque in crescita che vede poi gli stessi svizzeri che prendono residenza in queste località cominciare a fare la vita del frontaliere. Da svizzeri.
Il profilo di chi arriva qui è in prevalenza quello di coppie giovani, appena sotto i trent’anni e di solito sono spinte al trasferimento da motivi puramente economici.
La crisi economica dovuta al coronavirus ha in qualche modo acuito il problema perché molte aziende ticinesi hanno lasciato a casa personale elvetico, preferendo manodopera frontaliera che spesso ha un costo minore - non è un segreto per nessuno - creando uno squilibrio e un effetto di dumping salariale che svantaggia oggi più di ieri i residenti nel Cantone.
Poi ci sono spese fisse di assicurazioni sanitarie obbligatorie da versare mensilmente, che per una coppia possono arrivare complessivamente anche a mille franchi.
Abbonamenti di internet in casa, telefonini, bollette, cibo, insomma, anche da qui è partito il ragionamento di alcuni nuclei familiari: e se si andasse a vivere sul confine, in Italia?
Le esperienze mostrano che questo passo nel Belpaese ha permesso ad alcuni di comprare casa di proprietà - vero e proprio miraggio spesso per una coppia giovane -, di mantenere bene la propria famiglia e di mettere magari anche qualche soldo da parte.
Certo, una decisione che ha luci e ombre per i ticinesi espatriati, che si trovano subito confrontati con una burocrazia asfissiante rispetto al loro modello federalista e con una sorta di “educazione” alle istituzioni da apprendere daccapo.
Non solo, chi ha proseguito nel proprio lavoro in Svizzera si trova a dover fare coda come qualunque altro frontaliere e infine, non va sottaciuto, a molti manca la propria terra, le proprie radici, compresi alcuni generi alimentari impossibili da trovare da questa parte della dogana. Questo è avvenuto anche ai confini con la Francia e la Germania ma il costo della vita italiano è il più “invitante” se si mantiene il salario rossocrociato.
Ultimo accenno, non da poco, lo merita il capitolo spesa in Italia e lo sano bene coloro che da ottobre non possono più mettere piede a Lavena Ponte Tresa o Luino per fare acquisti.
Già, perché si parla spesso della crisi dei commercianti per coloro che stanno da questo lato della frontiera ma l’impossibilità di fare la spesa ha messo in difficoltà economica anche moltissime famiglie svizzere.
Alcuni hanno raccontato il cambio di abitudini alimentari non potendo comprare alcuni prodotti in Ticino per il loro costo: il riferimento è a carni, salumi o pesce con pure altri prodotti ordinari ma dai prezzi elevati in Svizzera.
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