IL PROCESSO
Nonna di 88 anni a processo per minacce e percosse alla nipote
I fatti a Luino, al centro la donazione di una casa. Ma l’anziana nega: «Un’ingiustizia»

A quasi 90 anni è entrata in Tribunale a Varese, con le stampelle. Per sedersi non in mezzo al pubblico o fra i testimoni, ma al banco degli imputati. Non è passata inosservata, ieri mattina, lunedì 13 ottobre, a Palazzo di giustizia la presenza di quella nonnina - uno scricciolo di donna ma molto agguerrita - che si è ritrovata a processo con le accuse di minaccia e percosse ai danni della nipote alla quale aveva donato una casa. La stessa abitazione che - stando al capo d’imputazione - l’anziana, al culmine dell’ennesima lite con la giovane, minacciò di incendiare. Reati per i quali la pensionata, 88 anni, è già stata condannata dal giudice di pace di Luino. Una sentenza - 400 euro di multa, oltre a 800 euro di risarcimento alla figlia di sua figlia - che la signora però contesta e quindi ha impugnato. Ecco perché, dopo il suo ricorso in appello, il caso è approdato ora in Tribunale, sul tavolo del giudice Luciano Luccarelli.
LA CASA IN REGALO
La vicenda risale al 2021, quando l’imputata aveva 84 anni. Fino a poco tempo prima i rapporti tra lei e la famiglia di sua figlia erano sereni. Tanto che la nonna decise di donare alla nipote, una donna di una trentina d’anni, un appartamento nello stesso stabile in cui viveva lei. All’inizio tutto filò liscio, ma i problemi cominciarono quando si ruppe la caldaia. A chi spettava ripararla e pagare il conto? Una controversia che diede origine a lunghe e animate discussioni, persino a dispetti, che finirono per coinvolgere anche altri membri della famiglia. E che, stando alla querela della nipote, sfociò nella violenza e negli avvertimenti. Tanto che un giorno la nonna non solo avrebbe strattonato la ragazza ma avrebbe pure minacciato di dar fuoco alla casa che le aveva regalato.
CONDANNA E RICORSO
In primo grado l’anziana è stata riconosciuta colpevole e condannata a pagare un indennizzo alla nipotina (costituita parte civile con l’avvocato Andrea Pellicini). Ma la nonnina continua a ribadire la propria innocenza: «Come facevo a strattonarla? All’epoca mi muovevo con il deambulatore, per delle lesioni a tre vertebre. Era lei a essere fuori di testa, avevo paura che mi buttasse giù dalle scale e per questo mi sono aggrappata. Tutto qua», ha dichiarato l’imputata. «È un’ingiustizia!», ha ripetuto lasciando l’aula giudiziaria. Il suo difensore, l’avvocato Elisa Gabbi, ne ha quindi chiesto l’assoluzione. Il legale ha evidenziato come la prima sentenza si fondi anche sulle dichiarazioni dei parenti chiamati a testimoniare, i quali in aula avrebbero ritrattato quanto dichiarato ai carabinieri durante le indagini (cioè di non aver mai visto la donna aggredire o minacciare la giovane). La sentenza è attesa a metà novembre.
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