LA RIFLESSIONE
L’umanizzazione delle cure e il diritto alla sanità
Le difficoltà dei malati e delle loro famiglie, l’importanza della persona, le scelte cruciali per il futuro

«L’aspetto scientifico della cura, fatto di bisturi, chemioterapia e radioterapia, è fondamentale. Ma è anche importante l’umanizzazione di quelle cure. Perché l’abbraccio fisico e la componente umana sono aspetti da coltivare e valorizzare». Parole sante, pronunciate da Francesca Rovera, senologa e chirurga varesina premiata recentemente da Regione Lombardia con la Rosa Camuna. Parole che s’innestano in una situazione difficile, quella della sanità italiana. E che dovrebbero valere non soltanto per chi è deputato a curare, ma anche e soprattutto per chi prende le decisioni dall’alto. Per chi può davvero determinare, spostare fondi, tracciare una strada nuova che riporti lo Stato concretamente al servizio del cittadino.
IL PRIVILEGIO E IL DIRITTO
Sì, perché al di là di promesse e slogan, e al di fuori di strumentalizzazioni politiche, è alla luce del sole quanto la sanità in Italia sia diventata sempre meno un diritto e sempre più un privilegio. Al di là delle differenti gestioni regionali, il concetto generale non cambia: se hai i soldi puoi affidarti al privato, con benefici in termini di qualità e tempistica. Se non li hai, devi consegnarti al servizio pubblico che, pur con eccellenze e molteplici esempi di professionalità e umanità al proprio interno, non ha oggi una struttura in grado di sopportare una domanda che l’invecchiamento della popolazione sta facendo diventare sempre più crescente.
L’ASPETTO UMANO
Nelle grandi scelte che condizionano un’intera società non dovrebbe mancare l’aspetto umano. Non può essere assente la considerazione dell’importanza della persona. Invece viviamo una sanità di tagli e conti che devono tornare, di dichiarazioni spesso scollate dalla realtà e lontane dalla quotidianità difficile che vivono i malati, i disabili, gli anziani, le persone non autosufficienti e coloro che li accudiscono. Le liste d’attesa sono un problema gravissimo, drammatico e incancrenito. E i tempi lunghi riguardano anche altri aspetti burocratici. Chi ha in famiglia situazioni gravi e, ad esempio, ha inoltrato la domanda di invalidità, può testimoniare quanto tempo trascorra prima che venga fissata la visita, poi che giunga la risposta, infine che arrivi il denaro. Mesi, mesi e mesi. «Non ci sono soldi abbastanza», si sente ripetere spesso quando si parla del servizio sanitario pubblico, delle sue carenze, dei medici di base che scarseggiano e degli infermieri “di confine” che fuggono. Poi, però, si trova il modo di reperire fondi e indebitarsi per altre necessità che dovrebbero contare meno rispetto alla vita e alla salute del cittadino.
IL LAVORO DI SQUADRA
L’umanità sottolineata dalla professoressa Rovera, unita alla disponibilità di persone che mettono l’altruismo davanti a tutto, riescono a tamponare solo parzialmente i bisogni reali. «Ospedali, comunità scientifica, istituzioni e terzo settore formano una squadra unica e noi combattiamo al loro fianco», insiste la chirurga varesina, ribadendo quanto siano fondamentali il calore, l’empatia, la sensibilità. Una sottolineatura, quest’ultima, che nei tempi in cui viviamo viene ripetuta spesso, anche in sede di preparazione universitaria. Quasi un mantra, peraltro lodevole e sacrosanto, che però fa pensare a una parziale mancanza di queste qualità, al fatto che non ce ne siano abbastanza.
LE SCELTE CORAGGIOSE
In realtà, l’umanità e l’empatia non possono coprire tutto, se non supportate da un sistema e da una struttura forte e numericamente sufficiente. Servono scelte coraggiose, allora, da parte di chi può determinare svolte. Servono lucidità, visione e cuore per mettere l’assistenza e la sanità davanti ad altro. Serve che quell’umanità sicuramente importante nelle cure, trovi terreno fertile anche nelle grandi decisioni politiche in grado di condizionare (nel bene) la vita quotidiana di chi è meno fortunato. Per far sì che il servizio sanitario torni ad essere un diritto. E non un privilegio.
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