LA STRUTTURA
Maga, anche il bar è un buco
Da guadagno netto a perdita: i numeri del museo che pesano sulle scelte della giunta Cassani

Al Maga di gratuito c’è soltanto la presidenza. Non prende un soldo chi è al vertice della Fondazione Galleria d’arte moderna e contemporanea “Silvio Zanella”: è stato così per Giacomo Buonanno, l’uomo del centrosinistra rimasto congelato in via De Magri un semestre dopo le dimissioni, e sarà così per Sandrina Bandera, la donna del rilancio del museo scelta dal centrodestra e pronta a entrare in azione nei prossimi giorni.
Tutto il resto costa parecchio, ovvio, e spesso rende poco. Come si desume dai numeri che difficilmente mentono.
In tal caso indicano, nonostante le grandi esposizioni proposte e lo sdoganamento internazionale della produzione di allestimenti, lo sbiadimento economico nella gestione post incendio. Quello è stato lo spartiacque.
Per esempio nelle attività collaterali: il bar prima era in affidamento e dava un guadagno netto, poi è diventato a conduzione diretta e ha cominciato a essere una perdita. Alla quale si aggiungono le cifre preoccupanti della biglietteria o le piccole spese accessorie che pesano.
Il tutto condito da un grande dubbio: esiste almeno una stima del valore singolo e complessivo delle opere che fanno parte della collezione permanente? Boh. Non ne ha mai parlato nessuno.
Eppure sono dettagli importanti quando bisogna risollevare una struttura costruita per essere un’eccellenza nazionale, ma non ancora riuscita a compiere il necessario salto di qualità.
Insomma, gira e rigira, tanto quanto nel quinquennio precedente, la chiave di volta del Maga sono le sue necessità finanziarie. A carico del Comune. Sulle quali si sta consumando una delle dispute aperte nella maggioranza di centrodestra.
Con il sindaco leghista Andrea Cassani da sempre convinto di voler ridurre lo stanziamento annuo - 600mila euro destinati alle sole spese vive - e tagliare i costi. Compreso lo stipendio della direttrice Emma Zanella. E con invece l’assessore alla Cultura, la berlusconiana Isabella Peroni, pronta a fare scudo contro lo spadone a difesa sia del museo sia di chi lo dirige.
Quindi, piccoli o grandi, sono i numeri a tener banco. E spulciandoli si scopre appunto che quanto doveva essere volano è diventato peso.
Agli albori del Maga il bar era stato inteso quale punto di riferimento aperto alla città e non solo: sullo stile di quello della Triennale di Milano, doveva portare guadagno economico e di pubblico.
Sul primo fronte c’è stato un crollo. A conduzione affidata le royalties introitate erano in costante crescita: 8.800 euro nel 2010, 5.500 nell’11, 12.500 nel ‘12 e ben 3.600 nel primo mese e mezzo del ‘13. Il 14 febbraio c’è stato l’incendio.
Un anno dopo, alla riapertura, si è passati alla gestione diretta con l’utilizzo di due dipendenti del museo e risultati tutt’altro che confortanti: 40mila euro entrati e altrettanti usciti nelle forniture nel ‘14, 70mila di incassi e 53mila di acquisti nel ‘15, 55mila guadagnati e 46mila spesi nel ‘16. Conti, quelli dell’ultimo triennio, ai quali va aggiunto lo stipendio del personale.
Cifre che porterebbero alla chiusura qualsiasi locale pubblico.
Senza contare quelle molto basse - sotto i 5mila euro - totalizzate dalla biglietteria dal 2014 in poi.
Senza contare il costo dei laboratori a fronte di ricavi non proporzionati.
Senza contare che annualmente il Maga spende oltre 5mila euro nelle quote di tre associazioni: 3.700 vanno a Federcultura, mille a Musei di arte contemporanea italiana e 500 all’Icom. Iscrizioni fondamentali come sostiene qualcuno?
Il punto è che in tempi di magra, se si vuole difendere una struttura che è l’orgoglio della città e al contempo un elevato tributo, occorre valorizzare ogni voce.
È la sfida affidata a Bandera. Nell’attesa che in giunta Lega e FI si chiariscano sui soldi da metterle a disposizione.
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