SITO ABBANDONATO
Ex Siome, tutto tace
Non decolla il progetto di recupero della fabbrica, invasa ora da calcinacci e rovi

Da decenni si parla della riqualificazione della Siome, l’ex stabilimento meccanico abbandonato alla Folla. Sul suo recupero si sono susseguite le promesse, le idee, le proposte. Ma l’unico aspetto che non è cambiato è lo stato di degrado del sito posto a valle del centro di Malnate.
Qui, oggi come ormai avviene da trent’anni, dominano i vetri rotti, i calcinacci, i pezzi di edificio che crollano e i rovi. Insomma, uno scheletro lasciato a se stesso e chissà per quanti anni ancora. Ci sono speranze per una riqualificazione? La storia dice di no. Ma, nella vita, non si sa mai.
L’ultima speranza potrebbe arrivare da una nuova normativa, arrivata a fine 2019, della Regione Lombardia che incentiva in termini di denaro e di snellimento burocratico, le pratiche per il recupero edilizio proprio di queste aree.
«Ho trent’anni - commenta il vicesindaco di Malnate Jacopo Bernard, con delegata all’Urbanistica - e l’ex Siome l’ho vista sempre così. Sicuramente si tratta di una ferita aperta per il nostro territorio. Stiamo valutando se l’ex Siome possa rientrare nei parametri stabiliti dalle nuove normative regionali uscite l’anno scorso sul recupero degli edifici in disuso».
Ad ogni modo «il problema principale non è politico, perché sono certo che la riqualificazione sarebbe voluta da tutti, ma l’immobilismo della proprietà». Una scelta legittima ma che, chiaramente, non sblocca la situazione: «Qualche anno fa si era raggiunto un accordo di programma con la giunta Astuti per la realizzazione di un centro commerciale - conclude Bernard - ma una volta arrivati a poter concludere l’iter, è venuto meno l’interesse».
L’ultimo tentativo è avvenuto un paio d’anni fa quando l’assessore Giuseppe Riggi spiegò lo situazione: «Lo stallo sull’accordo di programma - disse all’epoca l’esponente del governo cittadino, ribadendo più volte come gli incontri con la proprietà siano stati diversi - è dovuto alla mancanza di “bancabilità” dell’operazione».
Fino all’epoca, infatti, nessun investitore ha creduto in un progetto per cui servivano 2,5 milioni di euro per bonificare l’area e a cui si sarebbero dovuti aggiungere altri soldi per un investimento e un progetto che potesse stare in piedi da un punto di vista economico.
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