POLIZIA DI FRONTIERA
Malpensa: arrestato latitante delle frodi informatiche
È un 43enne italo-australiano ricercato da tre anni negli Stati Uniti per raggiri da 31 milioni di dollari. Arrivava da Singapore

Era ricercato in tutto il mondo da oltre tre anni per gravi reati di frode telematica e riciclaggio. Un super latitante insomma. La libertà ora è finita. È stato arrestato a Malpensa dalla Polizia di Stato un quarantatreenne italo-australiano accusato di appartenere a un’associazione per delinquere finalizzata alla frode informatica, al danneggiamento di apparati telematici protetti da misure di sicurezza e al riciclaggio del denaro illecitamente ricavato.
L’arresto è avvenuto in esecuzione di un mandato emesso dalla Corte Distrettuale del Nord Carolina (Stati Uniti).
Il Federal Bureau of Investigation (Fbi), tramite il servizio per la cooperazione internazionale di Polizia e dello specialista cyber della Polizia postale operante presso l’Ambasciata d’Italia a Washington, aveva richiesto la collaborazione delle autorità italiane per un possibile transito del ricercato nel nostro Paese.
Le immediate ricerche messe in campo dagli operatori del Cosc - Polizia postale di Milano, in collaborazione con l’Ufficio Polizia di frontiera di Malpensa - hanno permesso nel giro di poche ore di individuare l’uomo mentre si trovava su un volo proveniente da Singapore e di arrestarlo non appena sbarcato allo scalo della Brughiera.
Le accuse a carico dell’arrestato riguardano un fenomeno risalente a qualche anno fa, che ha colpito trasversalmente un gran numero di utenti di internet, soprattutto anziani e persone particolarmente vulnerabili. Sui monitor dei pc compariva improvvisamente un messaggio che informava che il computer era “compromesso” e bloccato per via di un errore. Il messaggio proseguiva con l’indicazione di un “codice di errore” e con l’invito a contattare con urgenza un call center - di cui veniva fornito il numero di telefono - per ottenere assistenza tecnica e per evitare la perdita di dati personali e la “disattivazione” del computer.
Tale messaggio era un trappola: veniva generato da un malware diffuso dalla banda criminale di cui faceva parte il 43enne italo-australiano. Chiamando il numero indicato, infatti, l’utente veniva invitato a fare un pagamento per l’assistenza tecnica, senza però ottenere alcun risultato.
Le indagini dell’Fbi, oltre a identificare gli autori della grave frode informatica condotta su scala mondiale (per la quale la legge statunitense prevede una pena massima di trent’anni di reclusione laddove siano presenti almeno dieci vittime di età superiore ai 55 anni), hanno permesso di quantificare in ben 31 milioni di dollari l’ammontare dei profitti illeciti conseguiti dai cyber-criminali.
Al momento dell’arresto il 43enne aveva con sé diverse migliaia di euro in contanti, alcuni dispositivi informatici, carte di credito e due orologi di rilevantissimo valore. È stato portato in carcere a Busto Arsizio, a disposizione delle autorità italiane in attesa del completamento delle procedure di estradizione.
L’operazione di polizia - che aveva già consentito, nello scorso mese di luglio, l’arresto in Italia di un altro cyber-criminale latitante e ricercato dal Federal Bureau of Investigation - è il frutto appunto della cooperazione tra l’agenzia investigativa americana e la Polizia di stato.
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