IL PROCESSO
Chiesti 4 anni per l’educatrice accusata di maltrattamenti sui bambini
Chiesta la condanna dell’ex dipendente del Villaggio del Fanciullo di Morosolo. La difesa punta invece all’assoluzione
«I bambini vivevano in un clima di terrore, costretti a sopportare vessazioni vili e ingiustificabili». Così i legali di parte civile hanno riassunto le conseguenze del comportamento dell’ex educatrice del Villaggio del fanciullo di Morosolo che, da quattro anni, è sotto processo per aver maltrattato cinque ospiti della struttura, di età compresa tra 4 e 13 anni. Educatrice per la quale il pubblico ministero Marialina Contaldo ha chiesto la condanna a quattro anni di reclusione. Conclusione condivisa dagli avvocati Monica Bonessa e Fabio Margarini, la prima legale dell’istituto, il secondo delle vittime dei presunti maltrattamenti (il responsabile civile, cioè il Villaggio, è rappresentato da Stefania Talarico, che ha annunciato un’offerta di risarcimento, senza riconoscimento però di responsabilità). Di tutt’altro avviso la difesa (gli avvocati Fabio Anselmo e Paola Resca) che hanno chiesto l’assoluzione. La sentenza del giudice Luciano Luccarelli è attesa a metà febbraio.
«Musulmano costretto ad andare in chiesa»
La vicenda risale al 2017 e nasce da un esposto sul comportamento dell’operatrice e anche su presunte molestie sessuali da parte dell’ex direttore (caso poi archiviato). Nei guai finirono anche altre due dipendenti e i vertici della cooperativa sociale, tutti imputati di omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio e tutti prosciolti dal gup nel 2020. Alla fine l’unica rinviata a giudizio è stata l’educatrice. L’accusa si basa sulle intercettazioni ambientali della polizia e sulle dichiarazioni dei cinque bambini (alcuni dei quali oggi maggiorenni) che, non essendo stati sentiti con incidente probatorio, sono stati chiamati a testimoniare in aula. Il pm ha quindi ricordato i diversi episodi di percosse, schiaffi, urla, umiliazioni e violenze psicologiche da parte della donna, che si faceva chiamare “Mamma Sos”, contenuti nel capo d’imputazione. Come il caso del piccolo chiuso in camera al buio, o lasciato fuori al freddo, in pigiama, perché si era fatto la pipì addosso. Oppure quello dei bambini a cui venivano sottratti i regali, tra cui i pupazzi, inviati dai genitori. O ancora quello del ragazzino musulmano che veniva costretto ad andare in chiesa.
«Si indaghi per falsa testimonianza»
«Non ho mai maltrattato i ragazzi»: così si era difesa l’indagata depositando una dichiarazione scritta. Ieri i suoi legali non si sono limitati a invocarne l’assoluzione, “perché il fatto non sussiste”, ma hanno chiesto la trasmissione degli atti alla Procura affinché indaghi per falsa testimonianza alcune delle persone chiamate a deporre. L’avvocato Anselmo ha bollato la ricostruzione dell’accusa come «completamente inventata: fa acqua da tutte le parti atti». Ha criticato duramente le modalità di raccolta delle dichiarazioni dei minori, «sentiti da un’operatrice della struttura, prima delle audizioni protette del 2018, in sei colloqui di cui non c’è traccia» e il cui contenuto sarebbe stato poi riferito ad altre persone: «Così si è distrutta la genuinità della prova». Il legale ha parlato anche di «complotto» e di un «contesto che è stato ignorato dalla Procura in modo inaccettabile». Dopo le dimissioni dal Villaggio, «l’imputata ha subito trovato lavoro in un’altra struttura nella quale è ritenuta preziosissima collaboratrice. Quindi a Varese è impazzita?».
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