DELITTO DI CASBENO
«Manfrinati pericoloso e incapace di controllarsi»
Così scriveva il gip che aveva imposto il divieto di avvicinamento

«Marco Manfrinati appare soggetto dotato di un’elevata pericolosità, incline a commettere reati analoghi» a quello di stalking e «incapace di controllare i propri impulsi e di contenere la rabbia». Così scriveva, il 19 giugno 2023, l’allora gip di Varese Stefania Pepe nell’ordinanza con cui, nell’ambito del procedimento per stalking, ha ordinato al quarantenne ex avvocato il divieto di avvicinamento a Lavinia Limido e ai genitori di lei, Fabio Limido e Marta Criscuolo. Una misura che quest’ultima riteneva troppo blanda («Il pm Giulia Grillo aveva chiesto l’arresto, il divieto di avvicinamento non serve a niente», ha denunciato dopo la tragedia) e che, all’indomani dell’omicidio di Fabio - colpito da Manfrinati con una ventina di coltellate - e del tentato omicidio di Lavinia, sfregiata poco prima con la stessa arma, il giudice Luciano Luccarelli ha sostituito con la custodia in carcere, alla luce proprio della evidente violazione delle prescrizioni del primo provvedimento. Un provvedimento in cui il giudice per le indagini preliminari riteneva sussistente «il concreto, attuale ed elevato pericolo che l’indagato commetta altri gravi delitti della stessa specie di quello per cui si procede», e per il quale Manfrinati sarà processato in Tribunale (prossima udienza il 5 giugno). Un processo che si basa sulla denuncia della famiglia Limido-Criscuolo, le cui dichiarazioni, precisava lo stesso gip, «possono allo stato ritenersi attendibili». Le «reiterate condotte moleste, minatorie, aggressive e persecutorie», con appostamenti, insulti e minacce - continua l’ordinanza - «hanno determinato un’intollerabile intrusione nella vita di Lavinia Limido e dei suoi genitori, un fondato timore per l’incolumità propria e dei prossimi congiunti e un grave stato di ansia». Comportamenti, si evidenzia, proseguiti nonostante l’ammonimento emesso dal questore il 20 aprile 2023.
Per il magistrato «il ravvisato pericolo di reiterazione del reato» poteva «essere adeguatamente fronteggiato anche con la misura... del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalle persone offese» e dal figlio della coppia. Misura che «appare proporzionata alla gravità dei fatti», mentre quelle «meno afflittive non sarebbero idonee a impedire il ripetersi di analoghi comportamenti da parte di Manfrinati».
Il gip riteneva però «utile avvisare l’indagato che, se non dovesse rispettare le prescrizioni imposte, potrà essere disposta la sostituzione o il cumulo di tale misura cautelare con altra più grave, non esclusa quella della custodia in carcere». Misura che, quasi un anno dopo, alla luce del mancato rispetto dell’ordinanza, un altro giudice ha modificato («Deve prendersi atto - scrive Luccarelli - di come la misura del divieto di avvicinamento si sia mostrata del tutto sproporzionata per difetto a fronteggiare l’esigenza cautelare»).
Se da Milano (dove il gip è in servizio ora) non arrivano commenti, nei giorni scorsi era stato il presidente del Tribunale di Varese Cesare Tacconi a evidenziare che «il nostro ordinamento è orientato nel senso di applicare la misura detentiva quando tutte le altre non sono sufficienti. Il sistema, come ribadito dalla Corte Costituzionale, dice di graduare, di ricorrere al carcere come extrema ratio». Un tema affrontato anche da Massimo Gramellini che, nell’ultima puntata del programma “In altre parole” (su La 7), ha affermato che «è arrivato forse il momento di rendere obbligatorio il braccialetto elettronico per tutti gli stalker». I funerali di Limido sono in programma domani, giovedì 16 maggio, alle 15, nella basilica di San Vittore.
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