DIVISA IN FIAMME
Manichino bruciato, Macchi (Siulp): «Rischio emulazione»
Il segretario del sindacato di polizia: «Non stupiamoci delle baby gang»

Da un lato il rischio concreto di emulazione, dall’altro un’analisi della situazione che si sta verificando anche alle latitudini varesine. Il caso avvenuto la sera di Capodanno a Milano, dove un giovane ha bruciato il manichino raffigurante un agenti di polizia, viene analizzato in questo modo da Paolo Macchi, ispettore della Polizia stradale di Busto Arsizio e segretario provinciale del Siulp, il principale sindacato di categoria.
«Che si tratti di un'usanza sudamericana non consola e anzi fa arrabbiare ancora di più che un ragazzo decida di bruciare guarda caso una uniforme della polizia italiana, la Polizia che si spende ogni giorno in accoglienza, controllo e supporto ai tanti migranti che vengono ogni giorno accolti in questo straordinario paese», esordisce Macchi.
«Il gesto non è accettabile e sarà certamente perseguito dalla Questura meneghina poiché non rappresenta solo una pagliacciata compiuta da qualche ignorante e non va sottovalutato in quanto la spettacolarizzazione lanciata sui social potrebbe provocare una catena di emulazioni - rimarca il segretario del Siulp nella sua analisi -. Bruciare l'uniforme fedelmente riprodotta di un poliziotto è bruciare ogni istituzione di un Paese democratico e non solo della Polizia, quella stessa Polizia preposta alla tutela e alla garanzia delle regole civili e delle garanzie costituzionali, proprio le garanzie che consentono libera espressione che a modesto parere in questo caso è stata nettamente travalicata».
Da qui, la percezione che i ragazzi di oggi hanno delle istituzioni: «Se un giovane, forse nemmeno maggiorenne, si fa riprendere a viso scoperto mentre brucia ed esulta per un gesto tanto stupido - prosegue Paolo Macchi - è simbolico però della percezione di debolezza delle nostre istituzioni del senso di impunità diffuso, della totale disaffezione e della mancanza di rispetto verso la terra scelta per emigrare».
LE BABY GANG VARESINE
Un tema delicato, che si intreccia anche con recentissimi fatti di cronaca accaduti all’ombra del Bernascone: «Non stupiamoci quindi del fenomeno delle baby gang che stanno spaventando la nostra piazza XX Settembre, a Varese: si formano nella politica della disobbedienza e con una certezza di impunità, sanno che Polizia e Carabinieri potranno limitarsi a rimproverarli e nemmeno troppo bruscamente per evitare spiacevoli conseguenze e per una volta eviterò di tornare sui tanti poliziotti indagati o condannati per avere fatto il loro dovere in modo troppo energico».
Da qui, la conclusione sul filo dell’amara ironia: «Propongo di rinominare la Polizia da "Forze dell'ordine" a "mediatori culturali" - chiosa Macchi - dal momento che ormai siamo impegnati maggiormente a cucinare agli anziani o ad insegnare agli studenti la legalità, tutte azioni assolutamente nobili, ma resta il bisogno di insegnare sulle strade e nelle piazze a rispettare le regole, usando forza e determinazione».
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