LA MAZZATA
Mascioni dimezza l'organico
La nuova proprietà che solo due settimane orsono è subentrata al gruppo Zucchi annuncia: taglio per 150 dipendenti

Soltanto un paio di settimane fa i 320 dipendenti di Mascioni, la storica azienda tessile della Valcuvia finita nella bufera a causa della precaria situazione finanziaria del gruppo Zucchi (cui apparteneva), tiravano un sospiro di sollievo: gli spagnoli del fondo Phi Asset Management Partners avevano deciso di acquisire l’azienda dal gruppo di Rescaldina, garantendone così la salvezza. Martedì, però, gli stessi lavoratori sono ricaduti nel baratro. Quei cavalieri bianchi che avevano ridato loro speranza, hanno annunciato ufficialmente che 150 di loro perderanno il posto.
Un vero e proprio dimezzamento aziendale su tutti i fronti, in primis proprio quello occupazionale. I numeri, drammatici, sono contenuti nel piano industriale che Phi ha presentato ufficialmente alle organizzazioni sindacali. Volendo semplificare si potrebbe dire che la chiave portante del piano è “tagliare tutto a metà”, dai metri quadri produttivi al fatturato, dai macchinari alle persone. Insomma, la Grande Mascioni continuerà ad essere sul mercato, ma non sarà più la storica Mascioni che ha contribuito allo sviluppo industriale della provincia di Varese.
Va detto che la reazione dei dipendenti non si è fatta attendere. I rappresentanti sindacali hanno convocato una assemblea, durante la quale è stato deciso uno sciopero permanente con presidio ai cancelli a partire da lunedì e fino a mercoledì mattina. Mercoledì, infatti, è stato fissato un secondo incontro tra nuova proprietà e sindacati, riunione durante la quale si dovrebbe entrare nel merito della discussione. Vale a dire, ammortizzatori sociali, contratti di solidarietà, prepensionamenti: in pratica tutto ciò che può essere utilizzato per ridurre il pesantissimo impatto sociale che gli esuberi porteranno in Valcuvia.
«In Valcuvia non c’è altro se non la Mascioni - commenta Ermanno Donghi, segretario provinciale Filctem Cgil - e, pur ringraziando gli spagnoli del salvataggio dell’azienda, dobbiamo dire con forza che questo è un piano industriale lacrime e sangue, devastante per il territorio. Un ridimensionamento così pesante dell’azienda comporta inevitabili e fortissimi problemi di impatto sociale non solo per chi lavora in azienda ma per tutta la Valcuvia, con grandissimi problemi di ricollocamento. Basti pensare che ci sono famiglie in cui lavorano in Mascioni sia il marito che la moglie».
Nel dettaglio, il piano presentato ai sindacati ( che dovrà poi essere illustrato al tribunale di Varese il prossimo 8 novembre), oltre al dimezzamento del personale, prevede anche: un ridimensionamento del fatturato da 10 a 3,5 milioni di euro causato soprattutto dai mancati ordini di Zucchi; una razionalizzazione dei consumi energetici attraverso una gestione più accorta della centrale termoelettrica che non sarà più utilizzata a pieno regime; un rimodernamento dei macchinari che prevede la dismissione delle vecchie attrezzature, investimenti in macchine moderne e un dimezzamento dell’area occupata dalla parte produttiva che passerebbe dagli attuali 70mila metri quadri a circa 35mila. A tutto ciò si aggiunge anche l’intenzione da parte di Phi di investire e ricapitalizzare l’azienda per circa 5 milioni di euro per i primi dodici mesi per poi rinnovare gli impianti oltre che tentare di rilanciare nuovi asset produttivi.
«L’appuntamento con il Tribunale di Varese dell’8 novembre è indispensabile per il salvataggio dell’azienda - continua Donghi - ma noi non possiamo permetterci un ridimensionamento con questi numeri. L’impatto sociale è troppo pesante. I lavoratori di Cuvio vivono l’ennesimo momento di crisi e di paura».
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