IL FESTIVAL
Matteo Lancini: adulti significativi per aiutare le nuove generazioni
Domenica 22 a Sphera lo psicologo e psicoterapeuta dialoga sulle relazioni intergenerazionali

«Non è una società costruita sui bisogni delle nuove generazioni, ma è identificata con la fragilità degli adulti». Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta che nell’ambito di Sphera dialogherà domenica 22 giugno alle 17.30 con l’organizzazione giovanile per la promozione del territorio Associazione 21 Marzo, insiste su un aspetto cruciale del suo intervento all’interno del talk Navigare il futuro: come affrontare le grandi sfide contemporanee. Muovendo dall’ultimo libro di Lancini edito da Cortina, Chiamami adulto: come stare in relazione con gli adolescenti, l’incontro tratterà «del ruolo degli adulti, in particolare di che cosa significa stare in relazione con le nuove generazioni invece che fare qualcosa per loro».
La tematica è profondamente connessa al fil rouge della rassegna ospitata da Tones, esplorando le interazioni di un ambiente che travalica quello naturale: «Quando si interagisce con uno psicologo quale sono io – spiega Lancini –, l’ambiente in senso più ampio è quello relazionale. Parleremo di che cosa vuol dire oggi essere un adulto significativo a scuola e in famiglia, per aiutare le nuove generazioni a intravedere un futuro. Negli ultimi anni la generazione giovanile ha vissuto una serie di aumenti di disagi, ad esempio nelle richieste alle neuropsichiatrie: come mai generazioni che sosteniamo di amare e ascoltare tanto, di non averle anzi mai ascoltate così tanto, si sentono così soli in mezzo agli adulti e continuano a suicidarsi, a tagliarsi o ad andare in giro ad accoltellare?». Un rapporto tra società e futuro complesso: «Si affronteranno i motivi per i quali invece di preoccuparci di costruire una scuola adatta parliamo del fatto che il malessere dei ragazzi dipenderebbe da Internet, oppure perché invece di far fare almeno una prova open Internet o con l’Intelligenza Artificiale durante la maturità perquisiremo i loro cellulari. E poi, invece di preoccuparci di 56 guerre, di bambini morti, corpi straziati, madri uccise, diciamo che la violenza giovanile dipenderebbe da trap e videogiochi. Affronteremo come mai gli adulti vivono in questa dissociazione: banchettano su Internet, lo spacciano a partire dalla più tenera età dei bambini fotografandoli e riprendendoli, e poi quando arriva l’adolescenza invece di costruire una scuola che li educhi al digitale li costringono a spegnere il cellulare».
Inserito in un programma che comprende arti e musica, Lancini si chiede come esse possano interagire in tali dinamiche: «La creatività è un aspetto specifico dell’adolescenza. Semmai si potrebbe discutere di come mai non faccia parte del sistema formativo scolastico italiano. Come dice Vittorio Gallese, uno dei più noti neuroscienziati, la creatività nella scuola italiana c’è alle scuole materne e nel dottorato. In mezzo, se tu sei creativo, per insegnanti e molti genitori, è come se tu non stessi studiando. Questo è un altro aspetto della dissociazione odierna, in una società dove apprendimenti e costruzione del futuro devono nascere dal basso».
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