AMARCORD
Mel Brooks varesino
Pernottò al Palace Grand Hotel. I ricordi legati ai 50 anni di “Frankenstein Junior”

«Soddisfatto dell’accoglienza, Mel Brooks volle ringraziarmi personalmente. Per sdebitarsi mi fece vedere una videocassetta con il meglio dei suoi film. Se l’era portata dietro dall’America. Rideva più lui di me». Questo il ricordo di Guido Torri, allora vicedirettore del Palace Grand Hotel, dell’incontro con il «vulcanico, dall’entusiasmo travolgente» regista che pernottò nell’albergo di Colle Campigli.
Era il 1999, occasione le riprese di Svitati, film diretto da Ezio Greggio con molte scene girate anche a Malpensa. L’aeroporto conservava la sua identità anche nella commedia, il Palace invece, per esigenze di copione, si trasformava - per gli interni, perché gli esterni sono dell’Hotel de Paris di Montecarlo - in un albergo di Nizza. Torri a parte, testimone dei ciak in via Manara, con tanto Mel in versione pianista e cameriere nei panni dell’incontenibile Jack Gordon, ex compagno d’armi del padre di Bernardo Puccini (interpretato da Greggio), è Martin Stigol.
L’attore, regista e drammaturgo argentino da più di 30 anni varesino d’adozione, fondatore dell’associazione Progetto Zattera, possiede anche un documento prezioso, l’autografo con dedica. Del suo faccia a faccia al Palace con il cineasta newyorchese classe 1926 parlerà domani al Miv, alle 21, prima della proiezione di Frankenstein Junior.
Il capolavoro di Brooks torna, per soli due giorni, al cinema a distanza di 50 anni dalla sua uscita, lo fa in 4K grazie a Nexo Studios. Interpretato da Gene Wilder, che ebbe l’idea di partenza e partecipò alla sceneggiatura, e da Marty Feldman, forte di battute irresistibili, servite al meglio dal doppiaggio italiano, il film, in bianco e nero, fu campione d’incassi. Successo pieno anche in Italia, in cui, poco dopo, dello stesso autore arrivò anche Mezzogiorno e mezzo di fuoco, realizzato in realtà in precedenza. La retrospettiva nelle sali tricolore venne completata dall’uscita di Per favore, non toccate le vecchiette e Il mistero delle dodici sedie.
Ritenuto da Brooks il suo migliore lavoro ma, a sorpresa, non il più divertente in assoluto, Frankenstein Junior è una parodia del romanzo di Mary Shelley Frankenstein o il moderno Prometeo e delle pellicole ispirate al libro, tantissime, la prima addirittura del 1910, prodotta da Thomas Alva Edison. Visto che la materia prima resta horror, il direttore del Miv, Andrea Cervini, ha deciso di affiancare a Stigol un esperto di paura alla potenza come Andrea K. Lanza, critico e saggista cinematografico, spesso sul palco del multisala.
La presentazione di domani vivrà dunque di due momenti. Da una parte la spiegazione dell’anima nera del testo letterario, dall’altra quella dell’elogio - Stigol non fa mistero di considerare Mel Brooks un genio inserendolo di diritto tra i grandi del cinema di sempre - dell’anima irresistibilmente comica del film. Insomma apertura affidata allo strano derby Frankenstein contro Frankenstin, poi parola allo schermo. Lasciando al pubblico ampia libertà di dire in coro con Igor-Aigor «Lupo ululà, castello ululì». Invitando, all’occorrenza, il dottor Frederick e la sua assistente Inga (impersonata da Teri Garr) a rimettere a posto la candela.
Giusto per citare alcune delle scene di culto di un film dal meccanismo perfetto, anche grazie a Oreste Lionello, voce italiana di Wilder, e a Gianni Bonagura che parla per conto di Feldman.
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