L’INTERROGATORIO
«Mi umiliava tra le lenzuola»
Omicidi in corsia, al deposizione choc di Laura Taroni sulla morte del marito: «Volevo placare la sua furia a letto»

«Non volevo ucciderlo. Volevo solo placare il suo furore sessuale perché era un inferno».
Otto ore e mezzo di deposizione ieri, lunedì 25 settembre, per Laura Taroni, l’infermiera accusata dell’omicidio di suo marito Massimo Guerra che avrebbe commesso con la complicità dell’ex vice primario del pronto soccorso ed ex amante Leonardo Cazzaniga. Otto ore e mezzo precedute dal conferimento di incarico ai periti (Franco Martelli e Isabella Merzagora) che dovranno valutare la capacità di intendere e volere sia della donna che del medico, il quale risponde di altri quattro delitti, commessi però in corsia.
A quasi un anno dall’arresto dei due - era il 29 novembre - la coppia si è rivista in aula ieri per la prima volta, ma non c’è stato alcuno scambio di parole e neppure di sguardi. Lei seduta al banco degli imputati, lui nella gabbia. Otto ore e mezzo dedicate alle domande del pubblico ministero Maria Cristina Ria sul rapporto malsano che Laura avrebbe dovuto subire negli anni vissuti con Guerra.
Soprattutto da quando l’uomo scoprì il tradimento.
Un passo indietro
«Io e Massimo ci siamo conosciuti e ci siamo fidanzati, poi ci siamo sposati. Non era un grande amore, ma le cose andavano. Poi sono nati i figli e dormivano sempre nel lettone con me. E mi sono accorta che lui, approfittando del fatto che prendessi i tranquillanti, mi sodomizzava».
Poi si trasferì dall’ospedale di Como a quello di Saronno e scoppiò la scintilla con il fascinoso Cazzaniga, il cui charme la travolse completamente.
«Dopo qualche mese da che conobbi Leonardo Cazzaniga iniziò la nostra storia».
Era il 2011. Certi segreti però non rimangano tali a lungo. A quanto pare fu proprio Massimo a scoprirlo, incontrandoli in un supermercato.
«Da quel momento in poi ho vissuto l’inferno».
Perché, a quanto pare, Guerra si sarebbe trasformato in un aguzzino tra le lenzuola.
Ti ammazzo i figli
Perché non lasciarsi, dopo uno tsunami matrimoniale così?
A quanto pare Guerra non voleva saperne. «Se mi lasci ammazzo i nostri figli», l’avrebbe minacciata più volte sottoponendola a quel punto a ricatti terribili.
«Mi obbligava a pratiche erotiche inaccettabili», si è dilungata ieri durante la deposizione. Rapporti conditi da violenza, da umiliazioni, da pratiche sadomaso. «Non ce la facevo più, era disumano, volevo abbassargli la libido», ha raccontato all’attonita di platea composta da avvocati (oltre al suo, anche Ennio Buffoli per Cazzaniga, Stefano Besani come parte civile per l’ospedale, Giuseppe Candiani per la responsabilità civile dell’ospedale, Luisa Scarrone come parte civile per la sorella di Massimo, Gabriella Guerra, e poi dal gup Sara Cipolla e il procuratore capo Gian Luigi Fontana). Da qui l’idea di renderlo innocuo somministrandogli la metformina.
«Avevo informato Cazzaniga, che mi ha aiutato con i falsi prelievi. Ma a un certo punto Massimo fu ricoverato e io mi spaventai moltissimo e decisi di sospendere la somministrazione, Massimo morì sei mesi dopo, ma non certo perché l’ho ucciso io».
Oggi quindi la parola passa alle parti civili e poi alla difesa, che dovranno controesaminare l’ex infermiera e testare l’attendibilità delle sue dichiarazioni.
© Riproduzione Riservata