LA SENTENZA
«Mia moglie fa i porno»: condannato
Artigiano edile devastato dagli stupefacenti viene lasciato e fatto processare

«Adesso tu e tua figlia non avrete mai più pace. Ora te la faccio pagare. Ti auguro il tumore».
È il primo di una serie di centinaia di messaggi e-mail, via via sempre più volgari, scritti nel breve volgere di un anno da un artigiano edile varesino, oggi cinquantatreenne, alla moglie e a sua figlia. A trasformare quello che fino a pochi anni fa era stato un irreprensibile muratore in un persecutore doc il combinato disposto di due elementi: da un lato, la sua crescenza dipendenza dal consumo di stupefacenti e, dall’altro, la decisione della moglie di lasciarlo e di chiedergli contestualmente il divorzio.
LA CONDANNA
Un mix devastante per l’uomo che oggi, mercoledì 25 gennaio, ha visto confermare in appello la condanna a due anni e otto mesi disposta dal gup varesino Anna Giorgetti al termine di un giudizio con rito abbreviato.
Se il consumo di stupefacenti aveva inevitabilmente contribuito a destabilizzare la relazione della coppia, la scelta della moglie di chiedere la separazione era stata una “bomba” per la delicata stabilità dell’imputato. Incapace di gestire la prospettiva dell’abbandono, ha finito per aumentare i consumi di droga. L’abuso sistematico ha fatto sì che diventasse sempre più astioso nei confronti della consorte che, a storia finita, l’aveva voluto fuori di casa. A quel punto, il marito ha lasciato spazio allo stalker.
L’ARRESTO
Stalker arrestato nel dicembre del 2021, e da subito messo agli arresti domiciliari, dopo essersi reso protagonista di un anno di persecuzione della poveretta, vittima della sua folle gelosia. Gelosia che a un certo punto l’ha spinto a inviare via mail un video di contenuto pornografico accusando la donna di esserne la protagonista. «Ti ho amato più di me stesso e sono stato con te 23 anni, ma ora vederti con un altro su YouPorn. Ammazzati almeno recupereresti un po’ di dignità»: questo il tenore dei messaggi inviati alla moglie, definita «malata, cattiva e senz’anima».
È bene precisare che in quelle insinuazioni non c’era nulla di vero. Anche la figlia della coppia, diciassettenne all’epoca dei fatti, è stata fatta oggetto di denigrazioni e di minacce sistematiche da parte del padre. Anche in questo caso le farneticazioni dell’imputato l’hanno indotto ad accusarla di essere entrata nel giro della pornografia dopo esservi stata introdotta dalla madre. Tutto falso, naturalmente. Le due donne, parte offesa nel processo, assistite dall’avvocato Paolo Bossi, hanno ottenuto un risarcimento simbolico di 500 euro che devolveranno in beneficenza.
Da quando è ai domiciliari, l’imputato ha intrapreso un percorso di riabilitazione con il Sert e non ha più infastidito le sue due vittime.
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