IMPRESA RIUSCITA
Finché la barca (di cartone) va
L’ingegnere di 72 anni è arrivato a Milano dopo sette ore sul Naviglio

In orario di aperitivo serale, dopo sette ore e mezza di navigazione, dal ponte sotto il quale il naviglio si getta nella darsena, s’avvista l’Arca di Noé. Il nome è parso opportuno al progettista nel momento di entrare in acqua, dalla discesa sotto il ponte in pietra di Castelletto di Cuggiono. Erano le 11 e l’imbarcazione di cartone costruita in due ore una settimana fa, iniziava così il suo percorso lento, nato da una scommessa: «Volete vedere che su questa barca non solo taglio il traguardo, ma arrivo fino a Milano?», chiedeva l’ingegner Franco Noè a Turbigo, mentre emergeva con la piccola arca, dal cantiere allestito per la prima edizione della Carton Boat Race.
Alla vigilia, però, aveva stime più ottimistiche: «Ci arriverò in quattro ore», diceva. Ce ne sono volute quasi il doppio, per farsi cullare a destinazione dal lento moto della corrente. Anche perché dei suoi 72 anni d’anagrafe, 50 Franco li ha passati con il brevetto di pilota aeronautico in tasca e di avventure acquatiche se ne intende fino a un certo punto: «Mai pagaiato prima», precisa, mentre si fuma la prima di una serie di sigarette che ha sfumacchiato con gusto durante il percorso.
Neppure la sua compagna d’arca, Gemma Romera Jordan, 48 anni d’età e giusto i chili necessari a non destare ulteriori preoccupazioni, è poi tanto esperta: «Mi sono iscritta al club da tre mesi», sostiene lei. Il suo è il Kayak Team Turbigo, che ha offerto all’intrepido ingegnere, imprenditore ed ex pilota di Formula 3, un minimo di supporto logistico.
Il presidente Anselmo Braga li ha scortati su una canoa per metà del percorso, sfilandosi per impegni. Alle 14.30, l’orario previsto per l’arrivo, l’Arca di Noé si trovava solo a metà. In più, superata da poco Abbiategrasso, cominciava a imbarcare acqua: il fondo dove poggiavano le terga era in parte ceduto, ma il timoniere manteneva un aplomb britannico.
«Questo cartone ne può imbarcare anche venti volte tante. Grazie alle intercapedini funziona da galleggiante. Tuttavia, sarebbe opportuno trovare il modo di trasformare una qualche bottiglietta di plastica in un arnese adatto a svuotarla. Non si sa mai», spiega Franco.
L’occasione si materializza quando l’Arca è già a Corsico, insieme a un pescatore, che ha un paio di forbici. Prima però, tra Vermezzo e Gaggiano, serve una pausa per sgranchirsi le gambe per tanto tempo costrette in una posizione innaturale, ma né i crampi, né le evidenti scottature del sole, né il digiuno prolungato hanno potuto niente contro un’impresa memorabile: 42 chilometri su una barca di cartone trascinata dalle correnti irregolari del Naviglio Grande. «La prossima andiamo fino a Venezia», promette, ma è difficile che trovi ora qualcuno disposto a scommettergli contro anche solo una bibita in lattina, come fa lui di solito.
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