Morì per antibiotico, medici all’Appello bis

Novantanove su 100 sarà dichiarato estinto per prescrizione il reato di cooperazione in omicidio colposo a carico dei due urologi dell’ospedale Sant’Antonio Abate di Gallarate sotto processo per la morte di Ferdinando Paladino. Ovvero: il 64enne paziente deceduto per shock anafilattico a seguito della somministrazione di un antibiotico del gruppo delle penicilline, nonostante avesse evidenziato di esserne allergico al principio attivo.
Sull’intervento della prescrizione c’è ben poco da sorprendersi, se solo si pensa che quel decesso avvenuto in sala operatoria, prima che iniziasse un intervento chirurgico alla vescica, risale all’1 dicembre di 10 anni fa. Rispetto alla prescrizione del reato di omicidio colposo, sollecitata ieri nel processo dinanzi alla prima Corte d’Appello di Milano dal sostituto procuratore generale Laura Gay, i giudici si esprimeranno il 18 gennaio. Per quella data, la Corte dovrà però anche decidere della responsabilità dei medici - il 46enne Giuseppe Pedaci e il 54enne Gaspare Autieri - per l’altra contestazione di reato: aver falsificato la cartella clinica subito dopo la morte del paziente per cancellare la catena delle responsabilità.
Seguendo la tesi accusatoria, Pedaci, l’urologo che avrebbe dovuto operare Paladino, avrebbe soppresso di proposito la scheda unica di terapia, formandone un’altra ad hoc in cui attestava la prescrizione di un altro farmaco rispetto a quello - fatale - somministrato. Mentre il suo collega Autieri avrebbe alterato la diaria medica del paziente. Per il reato di falso la Procura Generale ha chiesto due condanne: un anno e quattro mesi a Pedaci e un anno ad Autieri.
Quest’ultimo ieri, in sede di dichiarazioni spontanee, ha negato di aver mai avuto accesso alla cartella clinica incriminata una volta venuto a conoscenza del decesso del paziente. «Dicono che nella scheda terapeutica soppressa il dottor Pedaci avrebbe prescritto da subitol’antibiotico generico killer, ma se fosse stato così, sarebbe morto subito alla prima somministrazione, ma così non è successo perché il mio assistito ha prescritto il farmaco giusto», ha sostenuto l’avvocato Marco Baroncini, difensore dell’urologo al pari del collega Marco Lacchin. A detta loro, l’errore fatale sarebbe la diretta conseguenza di uno scambio di cartelle cliniche.
Insomma, la situazione è ingarbugliata. E ingarbugliato è l’iter processuale. Con due condanne per omicidio colposo e falso in primo e secondo grado, poi cancellate a seguito del ricorso alla Cassazione che ha annullato con rinvio in appello. In quanto ha giudicato inutilizzabili le dichiarazioni contro i medici mosse da Roberto Leonardi, il 63enne ormai ex caposala del reparto di Urologia del Sant’Antonio Abate, condannato in via definitiva a sei mesi di reclusione per concorso in omicidio colposo.
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