IL DELITTO
"Nessun litigio. Una fatalità"
Omicidio al camping: svolta l'autopsia sulla vittima, i risultati potrebbero essere decisivi sull'esito dell'indagine. E l'assassino va dal gip, Dissequestro: il giudice dice no e i legali chiedono una proroga sul termine del 30 giugno
Si è svolta il pomeriggio di martedì 25 giugno, nell’istituto di Medicina legale di Varese, l’autopsia sul corpo di Marino Bonetti, l’artigiano di 47 anni freddato la sera di domenica 24 giugno da un colpo partito dalla pistola di un vicino, Maurizio Ammendola, coetaneo, ex guardia giurata, che si è costituito la sera stessa in Questura.
La tragedia è avvenuta nel camping Sette Laghi di Azzate, da mesi sotto i riflettori in seguito alla confisca dell’area per lottizzazione abusiva, ma nella quale vivono ancora un’ottantina di persone.
LE INDAGINI
Dall’esame, disposto dal sostituto procuratore Sabrina Ditaranto che coordina le indagini, sono attese numerose indicazioni, a cominciare dalla traiettoria seguita dal colpo della Glock sparato da Ammendola prima di colpire la tempia del vicino di casa.
Dagli esami tossicologici si potranno poi apprendere altri particolari, sicuramente essenziali alle indagini, ma sarà necessaria almeno una settimana per avere a disposizione i primi risultati e compararli con quelli che la Squadra Mobile, guidata dal dirigente Silvia Carozzo, sta acquisendo dalla sera dell’omicidio.
Intanto l’ex guardia giurata, difeso dall’avvocato di fiducia Maria Cristina Filiciotto, si presenterà davanti al gip Giuseppe Battarino per l’udienza di convalida: su di lui pende l’accusa di omicidio volontario.
Determinante la ricostruzione delle ultime ore di vita di Bonetti, che insieme con Ammendola aveva preso parte all’incontro domenicale, ormai una consuetudine, al di fuori del camping sotto sequestro, cui partecipa una sessantina di residenti più la ventina di domiciliati.
Tra loro anche Bonetti e Ammendola, quest’ultimo residente in via Madonnina del Lago 2 con la sua convivente, una ragazza di 27 anni, Ramona Giuffrida, originaria di Legnano. Con lei l’uomo viveva nella casetta, insieme con i due cagnolini della donna, che la sera della tragedia, mentre infuriava il temporale, aveva portato a spasso.
Nel frattempo i due vicini, dopo aver bevuto alcolici anche al vicino bar prima di rientrare, avevano continuato la discussione in casa di Ammendola: era stato lui stesso un anno fa, ad affittare a Bonetti la casetta in cui viveva. Tutti e due erano da mesi sotto stress per il terrore di dover lasciare le loro abitazioni a causa dello sgombero previsto per domenica 30 giugno.
"Ma non stavamo litigando, stavamo parlando del futuro, il nostro futuro lì al camping. E’ vero, io gli ho mostrato la mia Glock, ed è partito un colpo": questo ha detto e ripetuto il quarantasettenne al magistrato, per ore, la sera dell’omicidio.
Una tesi, quella del colpo partito accidentalmente, che di sicuro potrà trovare riscontro o, al contrario, essere smontata proprio dall’autopsia. Oltre alla Glock, "ricordo" della sua vita da guardia giurata e regolarmente denunciata, Ammendola, che si occupava di manutenzione in un istituto per malati mentali a Cunardo, aveva in casa una pistola giocattolo.
Ramona, rientrando in casa, l’ha visto sconvolto sulla soglia: Mario Bonetti era steso per terra in cucina. Le è bastato uno sguardo al corpo per rendersi conto che non si muoveva più e che l’unica, per Maurizio, era costituirsi. E l’uomo, conosciuto come personaggio piuttosto fumantino anche all’interno del camping, si è lasciato docilmente condurre negli uffici della Questura di Varese.
LO SGOMBERO
Mercoledì 25 giugno gli amministratori azzatesi saranno di nuovo in tribunale a Varese in piazza Cacciatori delle Alpi, un indirizzo che ormai conoscono bene, per parlare sia con la dottoressa Anna Azzena, il magistrato che si era occupata dei presunti abusi edilizi commessi al camping e alla quale, anche alla luce della tragedia, avevano sollecitato un incontro.
"Ma ci sarà anche il pm Massimo Politi, è in carico anche a lui lo sgombero, ci è stato spiegato - dice il sindaco di Azzate, Gianmario Bernasconi -. Noi attendiamo di sapere da loro le novità, se cioè domenica 30 giugno sarà la data ultima oppure se potremo avere del tempo in più per organizzare meglio le cose".
Gli amministratori lasciano intendere di contarci, anche per stemperare per quanto possibile la tensione. Se fino a oggi come Comune avevamo ritenuto che il nostro unico interlocutore fosse la dottoressa Azzena, quale giudice dell'esecuzione, ora sappiamo che il tavolo di confronto è più ampio".
Sul tappeto la questione degli ottanta (sessanta residenti e venti domiciliati) che ancora vivono in riva al lago: che cosa ne sarà di loro?
Anche dalla tensione accumulata in questi mesi di attesa è sicuramente nata la tragica vicenda di domenica scorsa. Nelle abitazioni di chi ancora vive in riva al lago non si parla ovviamente d'altro: c'è preoccupazione, ma anche rabbia e rancore per la situazione che si è venuta a creare.
Seppure queste sensazioni non possano essere messe direttamente in collegamento con l'omicidio, sicuramente hanno avuto una grossa parte nello scenario generale. E cioè tra coloro che invocano da tempo un'azione eclatante (e tra questi c'era a quanto pare Ammendola) e chi invece pensava che non lasciarsi trasportare dall'ira fosse viceversa la strada da percorrere. Quelli che fino a mercoledì 19 giugno, quando è stata emessa la sentenza di confisca, ancora speravano, si sono visti crollare il mondo addosso. Subito i legali degli abitanti del camping, avvocati Alberto Zanzi e Fabio Ambrosetti, avevano presentato istanza di dissequestro. Il giudice Azzena ha rigettato la richiesta. Un'altra tegola che si abbatte su chi ancora vive laggiù.
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