LA PROMESSA
Nicola, sciabola e follia
Il varesino Guarnaccia con l’Italia alla Coppa del Mondo U20

Un amore sbocciato a Varese e che lo porterà sabato 9 dicembre fino a Dormagen, in Germania, con la divisa della Nazionale addosso per la Coppa del Mondo Under 20.
Nicola Guarnaccia, 18 anni, studente di Ragioneria al “Daverio” di Varese, racconta così il suo rapporto con la scherma.
«Tutto è iniziato quand’ero piccolo - dice -, mi piaceva l’idea di avere un’arma bianca in mano, la possibilità di prendere e dare mazzate. Ho fatto qualche prova con il fioretto e la spada, poi ho scelto la sciabola, più veloce e diretta. Per questa, però, devi essere un po’ sbruffone e un po’ matto».
La conversazione nella sede del Club Scherma Varese di via Rainoldi scorre piacevole; qui Nicola è di casa da un anno, da quando si è trasferito dalla Varesina col maestro Antonio Pagano.
«Il rapporto con Tony è speciale; veniamo entrambi dal Sud e in pedana, quando deve darmi dei consigli, parliamo in salernitano».
Pensare che all’inizio veniva usato come paragone negativo per i compagni...
«Ero uno dei più scoordinati; è capitato che agli altri dicessero se ce la fa Nicola, puoi farcela anche tu».
Ora, invece, i più piccoli lo guardano come esempio. E non solo per le convocazioni nazionali.
Sulle sponde del Reno difenderà i colori azzurri; poco lontano c’è Düsseldorf, città da cui l’Italia del calcio diede l’assalto al Mondiale 2006.
Lui, tifoso del Napoli, non pensa direttamente alla gloria iridata però, dopo aver fatto l’esordio quasi due mesi fa in Bulgaria, le idee le ha chiare.
«In queste gare si hanno sensazioni totalmente diverse rispetto a quelle che si provano in competizioni nazionali. Da noi si fa tutto velocemente, quasi in fretta; alla Coppa del Mondo, invece, tra i vari assalti possono passare ore.
Già esserci, la prima volta, è stata una vittoria; ora, però, punto a fare il meglio».
Un traguardo che resta volutamente vago, perché «nella scherma non si sa mai».
Attualmente Nicola occupa il dodicesimo posto nel rankingnazionale, definisce la chiamata azzurra «inaspettata», eppure guarda già oltre.
«Olimpiade? Non si sa mai», quasi un ritornello.
«Tokyo 2020 forse è troppo presto, però in futuro... A me la scherma piace, mi ha dato tanto e riesco bene, ma in ogni caso non ne faccio una questione di vita o di morte».
Fuori della pedana ci sono gli amici, la famiglia - che a dir la verità entra anche in palestra con il padre preparatore e «il primo a credere in lui» -, lo studio. Il futuro si chiama università o, meglio, test di ammissione: fisioterapia, psicologia o psichiatria.
«Far coincidere tutto tante volte è un caos. Spesso mi sveglio alle 5 per studiare, perché tra allenamenti e il resto sui libri posso stare dalle 10 di sera finché non mi addormento e poi il mattino presto. A volte tra i banchi mi capita anche di improvvisare».
Difficilmente questo avviene in pedana, dove aiuta i più piccoli e cerca qualcuno con cui confrontarsi.
«A Varese un po’ mi manca tirare alla pari con altri ragazzi. Il grosso del lavoro sono le lezioni con Tony, a volte mi sposto a Torino e a Milano. D’altronde i club di sciabola al Nord sono solo tre o quattro e ci diamo tutti una mano».
Spirito di squadra in uno sport spesso da solisti. Esattamente quello che servirà sabato, quando in palio ci sarà la Coppa del Mondo.
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