IN TRIBUNALE
Non versa il mantenimento. Assolto: la ex è più ricca
La sentenza dà ragione al 51enne. «La signora vive in una villa con piscina, sauna, vasca per le trote, campo da calcio e da basket»
Era nata come separazione consensuale, ma per l’ex marito si era trasformata in un massacro giudiziario, tanto da scivolare nel penale, con l’accusa di violazione degli obblighi di mantenimento. Era un uomo ridotto sul lastrico quello che ha affrontato il processo, in tribunale a Busto Arsizio, davanti al giudice Roberto Falessi. Alla lettura della sentenza quasi non credeva alla formula di assoluzione. Era dal 2017 che la ex gli faceva una spietata guerra economica, le armi per combatterla le conosceva bene essendo lei avvocato ed essendo assistita – nelle questioni civilistiche – da una collega del suo studio professionale. Il cinquantunenne ha però prodotto tutte le prove della sua buona volontà nel far fronte agli importi dovuti ai suoi due figli e dell’indigenza in cui era scivolato, a parere del giudice quindi «difetta l’elemento soggettivo del reato».
MINORI STRUMENTALIZZATI
La premessa della sentenza dovrebbe far riflettere le tante coppie che si azzuffano in sede di separazione, perché parla di una «vertenza lunga e travagliata, determinata da una conflittualità molto elevata tra gli ex coniugi, che ha indotto il tribunale a disporre l’affidamento dei bambini ai servizi sociali». I fratelli hanno vissuto «dinamiche familiari traumatiche a causa dei conflitti». L’imputato – che è difeso dall’avvocato Stefania Nicolò – ha raccontato, e ha documentato, di aver ricevuto ben diciassette decreti ingiuntivi e un numero non quantificabile di procedure esecutive. «Tutto ciò ha avuto pesanti ripercussioni anche sul lavoro», perché i pignoramenti presso terzi inducevano le aziende a non confermare i contratti.
TUTTO CALCOLATO
La ex non gli dava tregua e il giudice Falessi dà una lettura precisa a tanto accanimento: «L’imponente utilizzo di procedure giudiziarie, anche difronte alle richieste di temporeggiare o dilazionare i pagamenti, può avere una sola evidente spiegazione: la parte civile, in quanto avvocato che patrocinava con il suo studio le proprie azioni giudiziarie, aveva tutto l’interesse ad accumulare crediti per spese legali destinate a lei e alle sue collaboratrici di studio, a partire da ogni e qualsiasi credito derivante da eventuali versamenti parziali dell’ex coniuge». Si attestano a 20mila euro le spese legali richieste dalla donna. «Questa situazione non poteva che ampliare e rendere irrecuperabile anche la più piccola riduzione di versamento dovuta da difficoltà economiche».
Villa da sogno
È lecito domandarsi se la donna, libera professionista, pretendesse un mantenimento elevato in virtù del suo stato di necessità. Il giudice toglie ogni dubbio: «La parte civile nel 2015 aveva un reddito di oltre 4mila euro al mese, quello dell’imputato era di 700 euro. La signora abita in comodato d’uso nella villa della madre e ha il sostegno morale di un compagno». E non si parla di un villino a schiera dalle stanze un po’ buie e con l’orticello sul retro: «Ha più di mille metri quadrati di giardino, la piscina, la vasca per le trote, la sauna, il campo da calcio, il campetto da basket», ha riferito l’imputato a processo. L’avvocato di parte civile, Carlo Alberto Cova – che aveva chiesto un risarcimento per danni patrimoniali e non patrimoniali di oltre 33mila euro – ricorrerà in appello.
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