NUOTO
«C’è qualcosa di losco...»: Pedoja accusa i cinesi
Il coach di Nicolò Martinenghi conferma i sospetti su gli atleti di Pechino

Con i “se” e con i “ma” non si fa la storia, ma di certo a questo punto viene da pensare che cosa sarebbe successo nel caso in cui le maglie dell’antidoping nel nuoto mondiale avessero funzionato a dovere. Secondo un’inchiesta del New York Times e della televisione tedesca ARD, 23 atleti cinesi (su una delegazione di 30) furono trovati positivi alla trimetazidina appena prima dei Giochi di Tokyo. La federazione asiatica si difese sostenendo che la causa fosse una contaminazione alimentare e fu creduta, quindi il caso andò in cavalleria. All’atto pratico? Una squalifica, che a quel punto sarebbe stata importante a livello di durata per i coinvolti, avrebbe permesso a Nicolò Martinenghi di avere un bronzo olimpico in più (nella 4x100 mista-mista l’Italia chiuse 4ª, la Cina 2ª) e probabilmente anche un oro iridato ulteriore, visto che ai Mondiali 2022 chiuse argento nei 100 rana dietro al presunto positivo Hayang Qin.
Coach Marco Pedoja, lei ha vissuto in presenza tutti gli appuntamenti più importanti negli ultimi anni. Quali sono le sue sensazioni riguardo gli atleti cinesi, letteralmente esplosi a livello cronometrico in tempi recenti?
«Ritengo che ci sia sempre stato qualcosa di losco dietro i loro atteggiamenti. Gli atleti, al di là del fatto di non parlare inglese, venivano sempre nascosti facendo gruppo solo tra di loro. Qualcuno, come Hayang Qin, era costantemente circondato da due-tre connazionali che non si sapeva bene che ruolo avessero e poi sicuramente certe prestazioni sono sospette. In poco tempo questi nuotatori, ma anche le nuotatrici, hanno raggiunto livelli altissimi mantenendo la condizione per molti mesi. Lo stesso Qin, rivale di Tete, ai Mondiali 2022 ha vinto 50, 100 e 200 (con record del mondo sui 200, ndr) spazzando via tutti pur senza aver mai raccolto prima una medaglia iridata in lunga».
C’è qualche episodio in particolare che le rafforza i dubbi?
«Mondiali 2019 a Gwangju, Corea del Sud. Una nuotatrice cinese viene selezionata per l’antidoping al termine della gara. Quando accade c’è una persona che segue sempre l’atleta, controllando ogni suo movimento per impedire eventuali trucchi. Ho visto questa ragazza entrare nella tenda dove ci si cambia il costume e rimanerci 20 minuti: a un italiano non sarebbe mai stato permesso».
Che cosa spera possa accadere ora e come funziona l’antidoping per Nicolò Martinenghi?
«Io chiedo solo che venga fatta chiarezza e, in caso di errori comprovati, si prendano provvedimenti. Temo però che succederà poco o nulla e mi lascia deluso questa cosa, perché da noi funziona tutto in modo diverso. L’agenzia antidoping Nado Italia ha già controllato Tete almeno una ventina di volte nel 2024, lui è obbligato ad aggiornare un’app con tutti i suoi spostamenti per essere sempre rintracciabile. Pochi giorni fa è stato a Verona per dei controlli medici e ha ricevuto la visita degli ispettori, anche se non era nei suoi luoghi abituali».
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