LA CONFESSIONE
«Rapino per debiti di droga»
Colpo dal tabaccaio di Olgiate, Diego Mombelli «è pericoloso»

Ha confessato davanti al gip di Varese Anna Giorgetti, ribadendo quanto ammesso agli agenti della squadra mobile la sera in cui venne arrestato: «La rapina in tabaccheria l’ho fatta io».
Diego Mombelli - pluripregiudicato che sulle spalle porta il peso dell’omicidio di un cartolaio di Legnano, risalente al 1999 - ha spiegato anche le ragioni che l’hanno spinto ad assaltare l’attività di via Piave armato di revolver: «Avevo debiti di droga, non sapevo come pagarli».
Il quarantasettenne venne portato in carcere il 19 dicembre, il giorno dopo il blitz ai Tabacchi Laura. La polizia era andata a casa sua, a Tradate, per notificargli l’estradizione in Svizzera per una rapina commessa il 28 agosto alla stazione di servizio Eni di Ligornetto. Confessò agli agenti la propria responsabilità nell’episodio di Olgiate e quindi vennero eseguiti fermo e convalida dai magistrati di Varese Giulia Floris e Giorgetti.
Alla vigilia di Natale gli atti sono stati trasmessi alla procura di Busto Arsizio, competente territorialmente. Il pubblico ministero Nadia Calcaterra - titolare dell’indagine - è rientrato d’urgenza dalle vacanze per chiedere la rinnovazione della misura cautelare che ora andrà al gip.
Mombelli, che è difeso dall’avvocato Marco Antonini, ha ricostruito nel dettaglio la preparazione del blitz, le modalità, il percorso compiuto con lo scooter, l’aggressione a Simone Saibene. Non ha negato di aver sparato contro la vetrata per farsi restituire il bottino che il ragazzo era riuscito a riprendersi. Ha indicato i luoghi in cui si è disfatto degli indumenti e dei guanti in lattice. Ampia collaborazione insomma.
Il pubblico ministero Calcaterra nella sua richiesta di misura ha comunque tratteggiato un consistente spessore criminale: «È evidente che i reati commessi siano gravissimi, perpetrati con un’arma micidiale il cui uso improprio ben avrebbe potuto risolversi in esiti ben più drammatici», sottolinea il sostituto procuratore.
È lampante agli occhi di chiunque «che una rapina con pistola pronta a esplodere e puntata ad altezza uomo costituisca un fatto di massimo allarme sociale». Mombelli brilla per «un’affinata esperienza criminale. Affinata dalle numerose esperienze».
Il delitto di via Romagna, per esempio, quando con un unico proiettile ammazzò Alessandro Pastore, colpevole di aver reagito alla rapina lanciandogli uno sgabello. Un brivido di terrore percorre l’epidermide pensando che anche il giovane tabaccaio, il 18 dicembre, tentò di rincorrere Mombelli con un portaombrelli.
A distanza di vent’anni, almeno, ha imparato a controllare il grilletto. «L’ho minacciato di nuovo con la pistola e alla fine sono riuscito a fuggire», ha spiegato l’indagato.
Quando, un mese dopo l’omicidio, venne catturato a Lagonegro, il malvivente aveva già precedenti e cinque anni di reclusione nel carcere di Pavia. In primo grado per il delitto di via Romagna venne condannato a trent’anni. La corte d’assise d’appello li ridusse a diciassette anni e quattro mesi per un duplice motivo: la scelta di patteggiare e poi una lettera che Mombelli inviò alla famiglia Pastore, esprimendo contrizione e voglia di riscatto. «Chiedo scusa, mi assumo le mie colpe e voglio cambiare vita». Sangue non ne ha più lasciato a terra, ma i colpi messi a segno anche in Svizzera non si contano.
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