L’INCHIESTA
Olona, i veleni che minacciano il fiume
Un rapporto difficile con l’uomo: i canali, i depuratori e la sfida dell’Unione
L’ultimo tratto in cui l’Olona scorre sotto il cielo, lo fa portandosi dietro tutti i problemi accumulati in un secolo nei suoi 70 chilometri percorsi tra fabbriche e città. Più ci si sposta verso sud, più il territorio diventa urbanizzato e il ricordo delle pure acque della sorgente alla Rasa diventa evanescente.
Se già alla diga di Malnate il fiume cominciava a mandare un odore acre, dopo Nerviano in questa caldissima estate ad alimentare il fiume sono praticamente solo gli scarichi fognari trattati dai depuratori e, per quanto questi impianti possano essere efficienti, il risultato è scontato: pochissima acqua, un odore che a seconda della zona è più o meno intenso, ma soprattutto l’assenza di pesci che ancora si potevano trovare (anche se meno numerosi del solito) nel tratto tra Legnano e Nerviano, dove, come si è visto sabato scorso, il fiume è tornato al centro di progetti urbanistici.
Da Pogliano Milanese in giù c’è poco da fare: a parte un paio di oasi come il Parco bassa Olona e il Mulino prepositurale tra Garbatola e Pregnana Milanese, il fiume si snoda tra aree industriali e le autostrade che si annodano alla tangenziale. Spazio per la poesia qui ne resta davvero poco, a parlare sono i numeri. Il corso dell’Olona è costellato da depuratori: dall’impianto di Varese Pravaccio a quelli di Canegrate e Parabiago, nessuno raggiunge però le dimensioni di quello di Pero, dove confluiscono gli scarichi fognari di 22 Comuni per un bacino totale di 720mila utenti e 200mila metri cubi d’acqua trattati ogni giorno. Cifre neanche paragonabili a quelle di Varese Pravaccio, che serve un bacino di 75mila utenti per un totale di 30mila metri cubi d’acqua trattati ogni giorno. All’impianto che Ianomi gestisce a Pero fa capo una rete di collettori fognari lunga 80 chilometri, l’importanza di questo depuratore è fondamentale per il fiume.
Non a caso nel 2009 il gestore aveva deciso di raddoppiarne le capacità spendendo in vista di Expo la bellezza di 33 milioni di euro. Per Pravaccio se ne stanno spendendo oggi 8,3, la gara per il ripotenziamento dell’impianto si è chiusa giusto il mese scorso.
Negli ultimi cinquant’anni si è investito molto per la salute del fiume, ma è solo dal 2000 che con la direttiva comunitaria numero 60 Regione Lombardia si è formalmente impegnata a migliorare la qualità dei corsi d’acqua che attraversano il suo territorio. Tra questi anche l’Olona, le cui acque con una serie di interventi su scarichi e depuratori avrebbero dovuto raggiungere lo stato “buono” entro il 2015. L’obiettivo è stato monitorato ogni sei anni: nel penultimo periodo, quello tra il 2009 e il 2015, la media dello stato chimico dell’acqua del fiume campionata nei quattro corpi idrici di Varese, Legnano, Rho e Pero è stata di “quasi buono”; tra il 2014 e il 2019 la situazione era leggermente migliorata, ma il giudizio finale non era comunque cambiato. Come aveva ricordato nel 2020 l’Agenzia regionale per l’ambiente presentando i dati del monitoraggio, le regole si sono fatte più stringenti e per non raggiungere l’obiettivo basta che un solo parametro sia stato sforato negli ultimi tre anni. Per la salute del fiume nel nuovo secolo è stato fatto molto, ma bisogna fare di più.
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