L’INCHIESTA
Olona, viaggio sul fiume delle contraddizioni
Da Varese a Milano, tra economia e cronaca, dalle sorgenti alla foce di un corso d’acqua che ha segnato la storia di un territorio

C’era una volta un fiume chiamato Olona, che poi sono diventati due. Uno se ne è rimasto a scorrere tranquillo per le campagne del Pavese, che attraversa fino a tuffarsi nel Po; l’altro invece ha avuto una storia tormentata, prima garantendo acqua a Milano e poi trasformandosi nella culla della rivoluzione industriale italiana. Nel corso dei secoli questo nostro Olona (o questa nostra Olona, il dibattito sul fatto se il nome sia maschile o femminile si trascina da decenni) è stato deviato, canalizzato, avvelenato, ricoperto di cemento, costretto tra case e fabbriche su cui appena ha potuto si è puntualmente vendicato con esondazioni devastanti. Dopo aver toccato il fondo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, quando ogni forma di vita era scomparsa dall’acqua che cambiava colore a seconda delle lavorazioni delle tintorie, negli ultimi quarant’anni il fiume ha iniziato un percorso di rinascita. Un percorso lungo, complesso e non pieno di contraddizioni, ma che adesso sta finalmente cominciando a lasciare segni concreti.
Ecco perché La Prealpina ha pensato di raccontare il suo fiume. E per farlo ha scelto questa estate bollente in cui anche l’acqua è diventata un bene di lusso, una risorsa che deve essere sfruttata con grandissima attenzione.
IN PRINCIPIO FURONO I ROMANI
Lo avevano già capito gli antichi romani, quando tra il primo secolo avanti Cristo e il primo dopo Cristo avevano deviato l’Olona alle porte di Rho per portare l’acqua fino alla cinta muraria di Milano. Le due Olone nacquero in quel periodo: deviato sulla città il primo tronco, il secondo continuò comunque a esistere grazie all’acqua che arrivava da affluenti e marcite. Da allora il secondo Olona (o Olona meridionale) ri-nasce nelle campagne d Bornasco. Già esiste uno studio per rimettere i due fiumi nel loro alveo originale, ma chissà se mai diventerà realtà. Di certo c’è che nei suoi 71 chilometri di corso l’Olona settentrionale ha lasciato un segno profondissimo. Dalle sorgenti principali alla Rasa di Varese fino a via Malaga a Milano, dove l’Olona si tuffa nel Lambro meridionale, il fiume ha creato vita e ricchezza: prima dissetando i campi della “pianura asciutta” quando ancora non esistevano né il Naviglio Grande né il Villoresi, poi garantendo la forza motrice necessaria per far funzionare i mulini e da ultimo l’acqua per muovere i motori a vapore che a partire dagli anni Venti del XIX secolo hanno fatto funzionare i telai dei cotonifici, dando il via alla rivoluzione industriale che ha profondamente cambiato il nostro territorio.
SFRUTTATO E DIMENTICATO
Dopo essere stato sfruttato, l’Olona è stato nascosto sottoterra, dimenticato da chi dopo averlo avvelenato ha fatto di tutto per cancellare le prove del delitto. Adesso le cose stanno cambiando: i piani di recupero più recenti hanno liberato il fiume, restituendogli la sua dignità. Sono state create dighe per controllarne le piene, ma sono stati anche demoliti i canali, oggi sostituiti con argini naturali. E nel nostro fiume, che oggi la siccità ha temporaneamente ridotto a poco più di un rigagnolo, è finalmente tornata la vita dopo decenni in cui l’inquinamento l’aveva reso qualcosa di molto simile a una fogna a cielo (parzialmente) aperto.
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