110 ANNI DOPO LA TRAGEDIA
Uno 007 per il Titanic

Sono le 23.40 del 14 aprile 1912 quando inizia la tragedia dell’affondamento del Titanic. E a centodieci anni di distanza, i misteri ancora da scoprire restano tanti. Almeno secondo Claudio Bossi, scrittore e storico considerato tra i massimi esperti al mondo della storia del transatlantico, autore, dal 2012 a oggi, di decine di pubblicazioni (la più recente, «L’orchestrina continuò a suonare», sarà presentata per la prima volta il 25 aprile a Lucca e poi il 27 maggio a Oggiona con Santo Stefano, che si uniscono alle sue apparizioni televisive, collaborazioni e conferenze in Italia e all’estero.
«Secondo me - è il parere di Bossi - la storia del Titanic è ancora lontana dal vedere scritta la parole «fine»: basti pensare che a distanza di 110 anni negli archivi di Sua Maestà in Inghilterra ci sono ancora documenti secretati attorno a questa vicenda».
Lui ne parla anche in uno dei suoi libri, «Gli enigmi del Titanic», con alcune ipotesi: «Le cose potrebbero essere andate in modo diverso, potrebbero esserci state di mezzo le assicurazioni: poteva il Titanic essere oggetto di una truffa assicurativa?». Tante domande e tante risposte attorno alle quali Bossi lavora e “indaga” dalla metà degli Anni Ottanta e che l’hanno portato anche a escludere alcuni fatti che, secondo qualcuno, potrebbero aver influito sull’affondamento. «Come quello dell’incendio successo a Belfast, teoria alla quale onestamente non do credito. Innanzitutto proprio perché avvenuto a Belfast, quando il Titanic doveva ancora compiere la tratta di trasferimento a Southampton e che sarebbe successo sotto la linea di galleggiamento. Qualche storico asserisce di intravedere macchie sullo scafo, probabilmente lamiere distorte dall’incendio che però, una volta arrivati a Southampton, nessuno si è preoccupato di dire che avrebbe potuto essere così grave da pregiudicare la partenza. Per questo avrebbe anche potuto essere un classico incendio del carbone depositato nei carbonili e onestamente non mi sento di sposare la tesi per cui avrebbe peggiorato la situazione». A Claudio Bossi va il merito di essere stato il primo a parlare dei quaranta italiani che erano a bordo del Titanic, di cui trentuno erano camerieri che servivano «il fastoso ristorante à la carte di prima classe gestito da un direttore anch’egli italiano, Gaspare Antonio Pietro Gatti, detto Luigi: i nostri italiani erano manovalanza eccelsa, non umili fuochisti o portatori di carbone, segno che già allora il “made in Italy” era altamente qualificato». Undici i lombardi a bordo, tra cui Emilio Portaluppi di Arcisate, uno dei superstiti. E poi «il toscano Sebastiano Del Carlo, imbarcato con la moglie incinta, Argene Genovesi, unica donna italiana a bordo. Sebastiano non ce l’ha fatta, Argene sì, e la figlia nata il mese dopo è stata chiamata Maria Salvata, proprio in memoria di quella tragica notte».
Storia. Volti. Persone. Helen Candee Churchill era una scrittrice americana che viaggiava in prima classe. «Sopravvissuta, durante la prima guerra mondiale arrivò come volontaria della Croce Rossa all’ospedale militare di Milano - aggiunge Bossi - e fu l’infermiera che accudì un giovane autista della Croce Rossa, il cui nome era Ernest Hemingway». E ancora tanti misteri. Dal fuochista che a Queenstown, uno dei due scali del Titani, diserta («Perché aveva solo scroccato un viaggio o perché aveva sentore che qualcosa non andava?») a come i giornali dell’epoca abbiano «fornito dettagli poco realistici». Fino a notizie che sembrano quasi “surreali”, come la cameriera e il fuochista sopravvissuti a tutti i «naufragi delle tre navi gemelle della White Star Line».
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