TRIBUNALE DI MILANO
Delitto Faraci: doppia richiesta di ergastolo
Fra dieci giorni la sentenza d’appello bis per il delitto di Antonino Faraci avvenuto nel 2014 a Somma Lombardo. Sotto accusa la vedova della vittima e il presunto amante

Bisognerà attendere ancora 10 giorni per conoscere l’esito della sentenza d’appello bis nel processo chiamato a fare luce sull’efferato delitto di Antonino Faraci, il settantaduenne pensionato ucciso in una villetta di via Briante a Somma Lombardo la sera del 12 aprile del 2014.
Da oggi, però, sul tavolo dei giudici della seconda Corte d’Assise d’Appello di Milano pende una doppia richiesta di ergastolo da parte del sostituto procuratore generale Laura Gay. Destinatari, da un lato, Melina Aita, 74enne vedova della vittima; dall’altro, il quarantaseienne tunisino Bechir Baghouli, suo presunto amante, già condannato in via definitiva come esecutore materiale dell’omicidio a 24 anni di reclusione nel precedente passaggio in Corte d’Assise d’Appello.
IL DELITTO
Nella ricostruzione del delitto, il sostituto procuratore generale Gay ha richiamato tutti gli indizi che in primo grado avevano portato alla sentenza di condanna al fine pena della Corte d’Assise d’Appello di Busto Arsizio nei confronti della vedova Faraci, di Baghouli e del connazionale Slaheddine Ben H’Mida. Tutti questi tre ergastoli, però, sono stati cancellati dalla prima Corte d’Assise d’Appello di Milano. E se Melina Aita e Slaheddine Ben H’Mida sono stati assolti, Baghouli è stato invece condannato per omicidio (perché su un suo abito sequestrato sono state trovate tracce di Dna della vittima).
IL PRESUNTO ACCORDO
Secondo la pubblica accusa, l’omicidio avrebbe avuto alla base un accordo tra Aita e Baghouli. A provarlo una serie di telefonate e un incontrotra la signora e il tunisino nelle ore immediatamente precedenti il delitto. Da qui la contestazione dell’aggravante della premeditazione dell’omicidio. La signora gli avrebbe aperto la porta e lo avrebbe lasciato agire indisturbato; quindi, avrebbe cancellato tutte le tracce di sangue; e successivamente, dopo oltre un’ora dal fattaccio, avrebbe denunciato l’accaduto.
LA DIFESA
«Ancora una volta si cerca di far passare Melina Aita come un soggetto cinico, calcolatore e sfrontato e di far un utilizzo strumentale degli indizi per cercare di incolparla. Ma il copione da film sceneggiato dal sostituto pg non trova riscontri nella realtà», ha detto nel corso della sua arringa l’avvocato Pierpaolo Cassarà, che ha concluso sollecitando l’assoluzione della donna. «Non è stato dimostrato nulla. Non c’è certezza sull’orario della morte e non c’è prova né del movente né della premeditazione né tantomeno che l’imputata fosse in casa in quel momento». Considerazioni condivise anche dall’avvocato Marco Brunoldi, difensore di Baghouli: «È stato un delitto disorganizzato, d’impeto. Concordo nell’interpretazione della prima Corte d’Assise. Un tentativo di furto finito in tragedia».
I giudici hanno rinviato per repliche al prossimo 20 luglio. Nel pomeriggio la sentenza.
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