DIETRO LE QUINTE
Palio: scoppia la Tittiamania
Il fantino vincitore, Giovanni Atzeni, idolo di Legnano e delle ammiratrici

Ci sono bambine di Legnarello che tengono la foto di Tittia sul comodino. No, non è un’esagerazione. Chiedetelo a Lucy, cinque anni, che abita poco distante dal maniero del Sole. Poi ci sono colleghe che appena arrivi in redazione ti dicono: «Ma tu ce l’hai il cellulare di quel figo». L’adone (per utilizzare un termine un po’ desueto) sarebbe Giovanni Atzeni, anche se tutti lo conoscono come Tittia, un soprannome troppo musicale per non piacere. Portato a spalle dai contradaioli mostra muscoli e canottiera grigia attillata al termine della grande gara al Mari (che non è il collega Andrea, ma l’imprenditore Giovanni a cui è intitolato lo stadio). Faccia da ragazzino e braccia alzate al cielo. Spettacolo nello spettacolo. Gioia indescrivibile per lui e per il popolo giallorosso (come quello della Roma approdata in Champions senza passare dai preliminari poco prima del trionfo di Legnarello). Sembra di rivederlo nel 2015 quando con la Selva gira per le strade di Siena in trionfo per la vittoria nel suo quinto palio. Tittia è un predestinato: tanto professionale quando deve gestire la corsa, quanto caloroso nei festeggiamenti. Piace anche a chi di cavalli capisce ben poco. Chissà mai che un domani ci sia qualche Isola dei Famosi pronta ad ingaggiarlo come già accaduto (pur se con alterna fortuna) per Aceto, al secolo Andrea Degortes, fantino più vittorioso nel ventesimo secolo in piazza del Campo.
D’altronde la figura del fantino sta diventano di sempre maggiore impatto mediatico. Prendete, ad esempio, Jonatan Bartoletti, il grande sconfitto di Legnano ma autore di un magico doppio Provenzano-Assunta (si chiama cappotto) a Siena 2016. Di lui si parla come di un bad boy in quanto a stile di corsa ma pure di personaggio da rotocalco, se non altro per lo sguardo da divo, per i bicipiti scolpiti e per un matrimonio da favola che tutti gli invitati ricordano ancora come fosse ieri. Tempi che cambiano, anche nel mondo delle corse. Non tutti, però, sono favorevoli all’evoluzione di questi personaggi tanto amati quando vincono e tanto odiati quando il sogno sfuma e portano a casa una sconfitta. Tra i tanti che in questi giorni si sono visti al Mari per il palio, allora, è divertente fare quattro chiacchiere con Sebastiano Deledda e ricordare un po’ il bel tempo che fu. Legno, così veniva soprannominato, è in zona mossiere alla prima batteria e scrolla il capo quando cerchi di affrontare certi discorsi: «I fantini di oggi vanno in palestra, noi lavoravamo con i cavalli sin dal mattino. Non che loro non lo facciano ma erano altri tempi. Prendete la pista: bella, veloce ma senza imprevisti. Diciamo che è un autodromo, mentre noi eravamo abituati a correre nei kartodromi». Sette palii di Siena corsi, portò la vittoria alla Flora, Deledda non ha peli sulla lingua. E ha ancora tanto da insegnare ai nuovi eroi del canape. anche se alle donne (forse) piacciono di più i supermen di adesso. Ma questo è tutto da dimostrare.
Servizi e pagelle del Palio sulla Prealpina del 30 maggio
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