ALLARME AGGRESSIONI
Picchiato dalla gang in treno: «Lo hanno gettato sui binari»
Universitario al Pronto soccorso. Il racconto dei genitori: «Hanno continuato a infastidirlo fino a cercare di portargli via lo zaino in cui teneva il computer»

Un tranquillo viaggio in treno, per andare all’Università, si è trasformato in un incubo per uno studente di Albizzate, aggredito da cinque ragazzi. Lungo la tratta tra le stazioni di Cavaria con Premezzo e Gallarate. L’aggressione è accaduta mercoledì, alle 11.30, e ha lasciato il giovane con una spalla lussata. Ma poteva finire peggio. I genitori, pur chiedendo giustizia, pongono l’accento su un altro tema: il crescente disagio giovanile e la necessità di interventi educativi e sociali.
IL VAGONE
La storia di cui è protagonista lo studente di Albizzate, che per ora vuole rimanere anonimo (per lui parlano i genitori), è simile a molte altre che ultimamente si sentono balzare agli onori delle cronache. «Mercoledì ha preso il treno per andare a Milano, all’Università, a un orario in cui la tratta non è molto affollata e il vagone in cui nostro figlio si è seduto era vuoto», raccontano. «Alla stazione di Cavaria sono saliti cinque ragazzi, tre marocchini e due italiani, tra cui anche dei minorenni. Hanno iniziato a chiedendogli soldi, che lui realmente non aveva. Insistevano e quindi ha deciso di scendere al piano di sotto del vagone».
IL PESTAGGIO
Cosa che non ha convinto i cinque a lasciarlo in pace: lo hanno seguito. «Si sono seduti in modo da accerchiarlo e hanno continuato a infastidirlo fino a cercare di portargli via lo zaino in cui teneva il computer». Il giovane a quel punto ha opposto resistenza, riuscendo anche a schivare i colpi che intanto la gang aveva iniziato a sferrargli. «Nel frattempo il treno è arrivato a Gallarate e nostro figlio ha provato a scendere. Il pestaggio è continuato sulla banchina fino a che non lo hanno gettato sui binari». A quel punto il gruppo di ragazzi è risalito sul treno in partenza e lo studente è finito al Pronto soccorso dove è stato medicato per una lussazione della spalla.
IL MOTIVO
«Abbiamo deciso di raccontare quanto accaduto non perché nostro figlio diventi un simbolo di odio o intolleranza, ma un motivo di riflessione per tutti, soprattutto per noi adulti». Insomma, quello che poteva trasformarsi nell’ennesimo caso di cronaca legato a problemi di sicurezza trova nelle parole di questi genitori un punto di vista diverso, più complesso e per certi versi inaspettato. «Sì, è vero, sono stati cinque ragazzi stranieri ad aggredire nostro figlio, ma fermarsi a questo sarebbe un errore. Il problema che abbiamo di fronte non è l’origine delle persone, ma la condizione di disagio e disorientamento che colpisce i giovani di oggi». Non vogliono che l’episodio venga strumentalizzato: «È facile gridare al pericolo straniero, chiedere più polizia sui treni, fare di nostro figlio il simbolo di una battaglia che non ci appartiene. Non giustifichiamo certo quello che è successo, ma chiediamo di andare oltre la facile retorica». Un messaggio che colpisce per il suo coraggio e la sua capacità di andare oltre la rabbia e la paura. Una richiesta di cambiamento che parte da un episodio di violenza, ma si apre a una riflessione più ampia.
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