PICCOLA INDUSTRIA
Dalla primavera all’autunno: calano ordini, produzioni e fatturato
Il sondaggio di Confapi Varese sul terzo trimestre dell’anno si basa sulla visione di aziende meccaniche, plastiche e tessili affini per numero di dipendenti e performance

Dopo l’entusiasmo di inizio anno, avanza un sentiment più cauto fra i piccoli imprenditori lombardi e varesini. Una fotografia in bianco e nero scattata da un sondaggio sul terzo trimestre del 2024 realizzato su un campione di cento aziende da Confapi Varese, l’Associazione piccole e medie industrie della provincia: lo spaccato è composto da un tessuto simile per una serie di caratteristiche specifiche, come il settore di riferimento (43% meccanico, 10% materie plastiche e poi tessile, cartotecnica e altri), numero di dipendenti (da 6 a 15) e fatturato (fra 1 e 5 milioni di euro) nel 50% dei casi. Un mondo che rappresenta l’ossatura anche a livello lombardo e italiano.
L’ANALISI
«Ebbene - spiegano Marco Tenaglia e Piero Baggi, rispettivamente presidente e direttore generale di Confapi Varese - senza arrivare a considerazioni troppo drammatiche o pessimistiche, la visione generale peggiora rispetto al primo e al secondo trimestre, quando si notava una tendenza alla crescita degli ordini. Ora invece oltre la metà degli intervistati denuncia una contrazione sia per gli ordinativi, sia per le prospettive occupazionali. In alcuni casi si arriva a una visione molto negativa». Ben 67 imprenditori su 100 parlano di un calo netto nelle commesse, oltre il 50% nella produzione e due terzi parlano di oscillazione fra stabile e negativo nel fatturato. «Questo vale soprattutto per il mercato italiano, mentre i dati dei tre campi migliorano per chi ha rapporti con Paesi extra Ue - aggiunge il presidente Tenaglia -. Quindi chi ha contatti con l’estero vive una situazione più stabile, ma si tratta anche della parte minoritaria del campione che ha più rapporti nei mercati di prossimità».
Capitolo costi: dopo le fiammate che hanno lasciato ferite nel post Covid, ora il tema energia sembra stabile per il 70%, mentre sulle materie prime ci sono andamenti altalenanti in base alle diverse tipologie merceologiche. «Appare abbastanza chiaro dalla nostre survey che alla base del rallentamento c’è il calo della domanda (64%), la contrazione degli ordini e non il prezzo dell’energia, come in altri momenti - proseguono presidente e direttore generale -. Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, 8 su 10 per il momento non li usano, ma da settembre in poi ci sono molte richieste informative per il futuro. Quindi per ora la situazione di difficoltà non si riverbera nell’immediato su assunzioni o rischio licenziamenti, ma 62 intervistati su 100 ipotizzano di poter reagire in due modi, con il ricorso alla cassa integrazione ordinaria e con un freno agli investimenti. Questi sono i due strumenti di leva considerati più probabili per fronteggiare la crisi, con una ridefinizione dei piani per il 2025 sugli investimenti produttivi. In particolare sulla transizione 5.0, che prevede sì agevolazioni ma sempre a fronte di impegni molto importanti per una revisione dei layout produttivi».
PARTNER STORICO
Resta sullo sfondo l’incognita sulla ex locomotiva d’Europa, per cui lavorano la maggior parte delle aziende meccaniche, anche del territorio, in particolare nell’automotive. «Questo settore, insieme all’edilizia, è trainante e rappresenta lo zoccolo duro delle attività delle nostre imprese - sottolinea Marco Tenaglia -. Se anche Volkswagen e Audi chiudono stabilimenti e licenziano, le ricadute su tutta la filiera saranno pesanti e l’onda lunga dalla Germania arriverà nel tempo, per poi non esaurire subito l’effetto negativo. Quando dunque ci sarà un’eventuale ripresa, questa si concretizzerà con ulteriore ritardo per il nostro territorio. Pesa la contrazione impressionante sull’elettrico puro, meno sull’ibrido. Questo andamento, di molto sotto le aspettative, è legato a veri e propri default aziendali in gruppi su cui si riversavano le aspettative europee in alternativa alla Cina, per esempio nella produzione di batterie proprio per i mezzi elettrici. Ne risentiremo tutti, considerando che le nostre piccole aziende sono molto legate al settore auto, dalla meccanica alla componentistica, fino al lato della comunicazione».
LE CONCLUSIONI
Ancora una volta, emergono dati positivi in caso di investimenti esteri, come dice ancora il numero uno di Confapi Varese: «Guardando all’andamento dei primi nove mesi dell’anno, fra primo e terzo trimestre si nota il cambiamento: nel primo, l’Italia come destinazione cresce del 31%, per poi calare dal 24% al 9% negli altri due spaccati. Fanno un percorso inverso gli investimenti extra Ue, prima vicini a zero, stabili e poi in netta ripresa al più 13%. In generale stiamo vivendo una fase difficile, un momento in cui è cambiata l’atmosfera rispetto all’inizio dell’anno, quando c’era più entusiasmo per la previsione di una piccola crescita, di fatto annullata con il passare dei mesi. Quasi tutti gli intervistati parlano di un trend in discesa, seppur non drammatico. Davanti a questa tendenza, non si notano provvedimenti radicali, il Pil è più meno fermo se paragonato agli anni in cui eravamo le “fatine” d’Europa: le aziende preferiscono stare alla finestra, ma il nostro resta un tessuto sano, forte, strutturato, che tiene sui livelli occupazionali». Il sondaggio dice che l’occupazione resta massicciamente stabile: e che rappresenta da sempre un tema particolarmente importante per le imprese, che tendono a preservare per quanto possibile la componente umana dalle oscillazioni di mercato e da decisioni riguardanti i ritmi della produzione. Tuttavia, pur rimanendo un indicatore diffusamente stabile, manca la ricerca di nuovo personale, mentre vengono operati dei tagli da 13 su 100. Che cosa significa? Che l’imprenditore varesino vuole proteggere il suo mondo, la sua azienda, i suoi collaboratori, sia per senso di responsabilità sociale sia per non “dimagrire” proprio nel momento in cui servono più forze per compensare dati non brillanti. Meglio restare uniti.
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