APPELLO BIS
Processo Rispoli: la Procura chiede quattro condanne
Accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso Francesca Rispoli, il compagno Giovanni Lillo e Giuseppe e Michele Di Novara

La Procura Generale di Milano ci riprova. E sollecita di nuovo quattro condanne per estorsione aggravata dal metodo mafioso nei confronti di Francesca Rispoli, del suo compagno Giovanni Lillo, dello zio Giuseppe Di Novara e del fratello di quest’ultimo, Michele. Le richieste di condanna sono state formalizzate al termine della requisitoria dal sostituto procuratore generale Maria Pia Gualtieri nel corso del processo d’appello bis che ha preso il via oggi, mercoledì 8 gennaio, a Milano.
L’UDIENZA
Al centro dell’udienza davanti ai giudici della quarta Corte d’Appello il presunto raid punitivo a Malta che avrebbe visto protagonisti nel gennaio del 2020 lo zio della primogenita del capo locale di ‘ndrangheta di Legnano e Lonate Pozzolo Vincenzo Rispoli, suo fratello Michele, nonché il compagno di Francesca, della quale la Procura Generale ancora oggi si è detta convinta del concorso a pieno titolo nell’estorsione. Estorsione perpetrata ai danni di un piccolo imprenditore edile brianzolo al cui servizio i tre uomini in trasferta avevano lavorato in un cantiere a Malta e che accusavano di mancati pagamenti. Una spedizione punitiva, inserita in uno dei tanti filoni del procedimento Krimisa, sfociata in un violentissimo pestaggio.
LA PRIMA SENTENZA DI APPELLO
Nella prima sentenza di appello, poi annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione, si scriveva che Francesca Rispoli, condannata a quattro anni e cinque mesi di reclusione, dopo essere stata in precedenza assolta dal gup milanese Anna Magelli, avrebbe fornito non solo un contributo morale, ma anche materiale affinché il violento blitz in terra maltese andasse a segno. Un doppio contributo senza per altro aver mai presenziato alla spedizione punitiva non essendosi mai mossa dall’Italia.
APPELLO BIS
L’appello bis, sentenza della Cassazione alla mano, è chiamato a valutare sia la qualificazione giuridica del reato (esercizio arbitrario delle proprie ragioni piuttosto che il più grave estorsione) sia la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso a carico degli imputati. Secondo la Procura Generale, gli imputati avrebbero «agito al fine di favorire l’attività della locale di Legnano - Lonate Pozzolo e, comunque, con metodo mafioso». Infatti, la spedizione punitiva sarebbe stata «finalizzata anche a ripristinare l’onore della famiglia Rispoli, violato a causa della mancanza di rispetto perpetrata nei confronti degli imputati, come emerso dalle intercettazioni che hanno permesso di ricostruire l’intera vicenda».
UN QUINTO IMPUTATO
Infine, quinto imputato a giudizio Cataldo Casoppero, ultrasettantenne imprenditore edile di origini cirotane, da più di 40 anni residente a Lonate Pozzolo che sta scontando i 14 anni per associazione mafiosa. Anche per lui la Procura Generale ambrosiana ha chiesto la colpevolezza per corruzione con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa per la presunta promessa di un mini-escavatore a un funzionario dell’Anas in cambio dell’annullamento di un verbale elevato nei confronti della sua società. Condanna per agevolazione mafiosa poi cancellata dalla Cassazione.
Oggi hanno iniziato a parlare anche le difese. Da registrare le arringhe degli avvocati Antonio D’Amelio, Alberto Arrigoni e Corrado Viazzo. La sentenza di appello bis è attesa per il prossimo 4 marzo.
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