IL PROCESSO
Prostitute schiave, otto anni a Mama Shola
Le vittime, due giovanissime nigeriane, costrette a vendersi sotto il ricatto della magia.

Sull’asse Benin City (Nigeria)-Legnano si è consumata l’ennesima drammatica vicenda legata alla riduzione in schiavitù che ha avuto come vittime due giovanissime ragazze nigeriane espatriate con il sogno di fare la parrucchiera o la cassiera e invece costrette a prostituirsi.
A certificarlo la sentenza con la quale al termine di un giudizio con rito abbreviato il gup milanese Guido Salvini ha condannato a otto anni di reclusione per riduzione in schiavitù una 45enne ambulante residente nel quartiere di Mazzafame, Osadebamwen D., meglio nota come Mama Shola.
Arrestata un anno fa a luglio dai carabinieri della Compagnia di Legnano del capitano Francesco Cantarella, le cui indagini avevano preso le mosse dalla denuncia di una delle due ragazze, per lei il pm Adriano Scudieri aveva sollecitato una condanna a 10 anni.
A leggere le carte agli atti, la “maman”, ancora prima di gestire la triste quotidianità legnanese delle connazionali da lei sistematicamente sfruttate, avrebbe organizzato assieme al fratello e a un’altra maman a lei collegata, che vive nella sua città di origine, Benin City appunto, il rito di iniziazione juju dal quale sarebbe derivato uno stato di soggezione continuativo per le malcapitate. A questo proposito, una perizia antropologica, disposta al giudice, ha fatto luce per la prima volta sul valore di questi tipo di rito come controllo a distanza delle vittime.
Descritta l’origine di queste credenze tradizionali di natura religiosa (stigmatizzate come malvagie e pericolose anche dalle comunità religiose di fede cristiana a cui appartengono le vittime), l’antropologa ha fornito un’accurata ricostruzione del giuramento rituale con cui le stesse si obbligavano a restituire, dietro minaccia di morte, il costo del viaggio e della permanenza in Italia (circa 30-40 mila euro).
Una volta in Italia il rito continuava ad avere un’influenza decisiva sul loro comportamento, complice l’uso di feticci realizzati con parti del loro corpo.
Per gli altri due imputati, il marito della maman, Osnan K., 48 anni, e sua figlia, Kate U., 28 anni, intervenuti con ruoli definiti minori quando le ragazze erano già approdate a Legnano, il reato di riduzione in schiavitù è stato derubricato in favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.
Nello specifico, l’uomo è stato condannato a tre anni, mentre la figlia se l’è cavata con un anno e sei mesi (con la condizionale). I tre imputati (marito e moglie dovranno essere espulsi una volta espiata la pena) sono stati condannati anche a versare 50mila euro di anticipo sul risarcimento a ciascuna delle due nigeriane, parte civile nel processo.
© Riproduzione Riservata