IL VERDETTO
Rapina in Svizzera. Condannato
Tre anni per concorso nel colpo messo a segno il 9 maggio 2017. L’imputato tradito dai whatsapp

Assolto dall’accusa di associazione per delinquere finalizzata alle rapine, condannato per concorso in uno dei colpi.
Si è conclusa con una condanna a tre anni e mezzo di reclusione l’ultima tranche del processo per le cinque rapine messe a segno tra marzo e luglio del 2017 nella zona di Ligornetto, in Canton Ticino.
A Giuseppe Lombardo, arrestato con altre cinque persone poco meno di un anno fa dalla Squadra mobile di Varese, la Procura contestava di far parte della banda che aveva preso di mira le stazioni di servizio.
Ma solo una rapina gli veniva contestata, quella del 9 maggio al distributore Eni (bottino circa seimila euro), alla quale non avrebbe partecipato direttamente ma avrebbe contribuito “ingaggiando” l’autore materiale del colpo (un romeno condannato e detenuto in Svizzera).
A incastrarlo soprattutto i messaggi via WhatsApp con gli altri membri della banda, e in particolare con due varesini originari della Calabria, padre e figlio, già condannati, lo scorso dicembre con rito abbreviato, a 5 anni e 8 mesi di reclusione ciascuno.
Per Lombardo, il pubblico ministero Massimo Politi aveva chiesto la condanna a sei anni e dieci mesi di carcere.
Il suo difensore, l’avvocato Paolo Conti, ha invece sostenuto «la totale estraneità dell’imputato ai fatti». A suo dire, quei messaggini furono male interpretati: nessun accordo per pianificare i colpi e spartirsi la refurtiva, gli inviti a pranzo erano reali poiché gli altri imputati si erano presi a cuore il suo caso («Era stato sfrattato, dormiva in stazione e andava a mangiare dalle suore»). E il suo interessamento per il noleggio dell’auto utilizzata per la rapina («Ma lui non sapeva quale fosse lo scopo») «era solo un modo per sdebitarsi» per l’aiuto ricevuto. «Nessun concorso morale», insomma.
Una tesi che evidentemente non ha convinto i giudici, che hanno però smontato l’accusa di associazione per delinquere.
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