IL VERDETTO
Rapine in Ticino. Condannati
Confermate le pene in appello. Padre e figlio erano accusati di assalti a stazioni di servizio oltre confine

«Credetemi, mio padre non c’entra in nessun modo con le rapine oltreconfine. Ho fatto tutto io». L’appello accorato rivolto ai giudici della terza Corte d’Appello di Milano da Francesco Natale Laganà, 30enne varesino di origini calabresi, per salvare il genitore, 57 anni, non ha sortito gli effetti sperati.
Nel senso che l’appello illustrato ieri, mercoledì 6 novembre, dal difensore, l’avvocato Corrado Viazzo, si è infranto contro il collegio giudicante.
Così, Francesco Laganà ha visto confermare sia la qualificazione giuridica della contestazione di reato (associazione per delinquere finalizzata a commettere rapine) sia la sentenza di condanna a cinque anni e otto mesi di reclusione, che era stata inflitta in primo grado dal gup del Tribunale di Varese Anna Giorgetti al termine di un giudizio con rito abbreviato.
In primo grado, la stessa pena era toccata a Francesco Natale, ma ieri è stata abbassata a quattro anni e due mesi di reclusione a seguito del concordato in appello (il patteggiamento di chiama così in secondo grado) intercorso tra il suo difensore, l’avvocato Matteo Pelli, e il sostituto procuratore generale Maria Pia Gualtieri, e poi accolto dalla Corte d’Appello.
Padre e figlio, entrambi in carcere (a Varese, perché alla fine l’Italia ha respinto la richiesta di estradizione elvetica), sono stati considerati i personaggi di maggior “peso” criminale dentro una banda di rapinatori (uno dei quali è nel frattempo deceduto) in trasferta in Svizzera.
Le contestazioni a carico dei due (un terzo componente del gruppo, condannato a cinque anni e sei mesi in abbreviato, ma non ha appellato) facevano riferimento a cinque rapine (una delle quali tentata) in stazioni di servizio nella zona di Ligornetto, in Ticino, tra marzo e luglio 2017.
Il primo colpo contestato alla banda (sgominata definitivamente lo scorso giugno dalla Squadra Mobile) risale al 16 marzo 2017, quando al Piccadilly di Ligornetto entrò in azione un uomo col volto travisato e armato di taglierino, che si fece consegnare 2.200 euro in contanti e fuggì verso il confine di Cuvio in sella a uno scooter rubato, dove lo aspettava un’auto del sodalizio.
Mentre l’ultima rapina risale al 24 luglio di due anni fa, ai danni di un distributore Eni, dove entrarono in azione due persone a bordo di una Fiat 500.
La Corte d’Appello si è presa 70 giorni per il deposito delle motivazioni. Più che probabile il ricorso per Cassazione per l’assistito dell’avvocato Viazzo.
Sulle rapine di confine, ai valichi minori, è in corso tra l’altro in Svizzera un dibattito legato alal sicurezza.
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