CORONAVIRUS
Salme varesine portate a Bergamo
Emergenza nei cimiteri: la pandemia ha cambiato l’estremo saluto. Boom di richieste e forno a mezzo servizio

Sta funzionando a mezzo servizio il forno crematorio di Varese. O meglio: soltanto una delle due linee è attiva. E questo ormai da qualche giorno. Il motivo? Si è resa necessaria un’opera di manutenzione, su uno dei due forni appunto, che richiede la sostituzione di componenti. E non sarebbe una grande complicazione se non fosse che questi nuovi elementi devono arrivare dall’Inghilterra.
Dunque: il forno crematorio di Giubiano, in via Maspero, affidato in concessione alla società privata Scv, potrà tornare a pieno regime non prima di una settimana o dieci giorni. Questa è una delle ragioni che stanno mettendo in affanno l’impianto. L’altra, come purtroppo immaginabile, è legata al netto aumento dei decessi. «Ma non vengono respinte richieste di cremazione»: questa la rassicurazione arrivata ieri, luendì 16.
Certo, i tempi non sono immediati come in una situazione normale. E alcuni feretri vengono dirottati su altri impianti, in particolare a Bergamo, dove la società concessionaria a Varese gestisce anche lì il servizio.
Il trasferimento nel capoluogo bergamasco non comporta spese aggiuntive. Il numero di cremazioni effettuate al forno di Giubiano si aggira su 5000 all’anno. In questo periodo il dato (in proporzione) è decisamente superiore. Basti pensare che solamente ieri, fino al primo pomeriggio, erano arrivate 26 richieste. Ma viene ribadito che a nessuna è opposto il rifiuto, al limite viene proposto il servizio in altra provincia. Che non può essere Milano: sospesa la cremazione extraterritoriale. E neppure Trecate, nel Novarese, ha disponibilità a causa appunto della saturazione. C’è anche la possibilità di varcare la frontiera, in Svizzera, per la cremazione. Vale anche in questo periodo di restrizioni. Ma è una soluzione che viene adottata soprattutto per le salme in provincia di Como.
Qui, nel Varesotto, le destinazioni, oltre a quelle contingenti di Bergamo e Brescia, sono soprattutto dall’altra parte del Lago Maggiore: Domodossola, Verbania.
Certo, i numeri dell’attività stanno crescendo. In tutti gli impianti.
L’emergenza nei cimiteri
Si sta portando via giovani e anziani, nonni e genitori, familiari e parenti, amici e colleghi.
Maledetto Covid-19. Stramaledetto.
Il tristo mietitore sta colpendo al cuore, oltre che ai polmoni. Strappandoci persino il diritto al dolore, alle lacrime, agli abbracci.
Nell’era della pandemia è geneticamente mutato anche l’estremo saluto. Certo, per le restrizioni dettate dalla necessità di evitare ulteriori contagi. Ma anche perché - così come negli ospedali e nelle Rsa - molto è forzatamente cambiato in quei luoghi e in quei momenti in cui il distacco dalle persone care diviene definitivo. Negli obitori e ai funerali, nelle sale del commiato e nelle chiese, nelle camere mortuarie e nei cimiteri.
«Fa male pensarlo e tanto più dirlo, ma purtroppo tutto è diventato più asettico». A sussurrarlo è Renzo Oldani che, da imprenditore del settore delle onoranze funebri, molto più di altri ha diretta consapevolezza di quanto il virus stia rappresentando una tragedia autentica.
L’aumento della mortalità è evidente, chi durante il periodo del primo lockdown doveva occuparsi della gestione di due o tre funerali al giorno, oggi tra Varese e zone limitrofe deve gestirne quotidianamente almeno una decina e spesso anche di più.
L’ufficio cimiteriale del Comune di Varese è fortemente sotto pressione, nei cimiteri cittadini è sempre più complicato avere la possibilità di scegliere luogo e forma per le sepolture. Persino i posti cominciano a scarseggiare, tanto che il quadro potrebbe farsi estremamente complicato già dall’inizio del prossimo anno qualora la stretta della pandemia non si allentasse.
La disponibilità di loculi è ancora relativamente ampia al cimitero di Belforte, ma i costi hanno un peso e rappresentano un vincolo invalicabile per molte famiglie. A Masnago, ad esempio, non ci sono più ossari liberi, anche se il Comune deve forzatamente esumare per poter liberare nuovi posti per le inumazioni. E in tutto il territorio comunale è ormai praticamente impossibile poter disporre di una tomba, per intenderci quelle di cui si acquisisce il diritto per 60 anni.
«Si rischia di perdere il senso di appartenenza a una comunità», aggiunge Renzo Oldani riferendosi alla carenza di spazi per le salme in alcuni dei camposanti dei rioni e dei quartieri.
A tutto ciò si sommano le problematiche legate alle cremazioni proprio nel momento in cui tale scelta è in vertiginosa ascesa. Sono ormai molte le famiglie che preferiscono far cremare i propri cari, a volte rinunciando del tutto alla cerimonia funebre. E la forte pressione sull’impianto di Giubiano spinge le onoranze funebri a rivolgersi fuori provincia (a Verbania, Acqui Terme, Serravalle Scrivia, Brescia) pur di accorciare i tempi.
Di sicuro il quadro generale nel capoluogo della contea dei laghi è nettamente peggiorato rispetto alla scorsa primavera. Tanto che il Comune ha concesso deroghe superando per le sepolture in abbinamento anche il vincolo della parentela in linea diretta. Un dato in più che conferma l’emergenza.
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