L’INTERVISTA
Sannino: «Varese, emozione ancora viva»
La quarantena in Ungheria e «i ricordi straordinari di Masnago» dieci anni dopo il salto in B

- Le emozioni di ieri e le paure di oggi. Il legame col Varese e la convivenza con l’emergenza coronavirus, sfociata ad un certo punto nella quarantena impostagli in Ungheria nonostante fosse sano.
Giuseppe Sannino intreccia passato e presente quasi dieci anni dopo aver condotto i biancorossi al clamoroso ed entusiasmante ritorno in serie B. Ne parla da Forte dei Marmi, dove è rintanato in queste settimane di clausura, ammettendo come «le emozioni di Varese» siano «ancora vive» e raccontando la brutta esperienza vissuta nell’ultimo periodo all’Honved Budapest, storico club della massima serie magiara col quale ha rescisso il contratto il 20 marzo scorso dopo il dilagare del Covid-19 anche in Ungheria.
L’ISOLAMENTO «Ero sano ma ho dovuto mettermi in quarantena per volere della società - chiarisce -. Dopo una partita giocata di sabato, infatti, ero tornato per un paio di giorni a Varese, ma proprio in Lombardia stava per esplodere il contagio. Così, al rientro a Budapest, il direttore mi ha comunicato che non potevo andare al campo nonostante non avessi febbre né altri sintomi». Una sorta di sospensione precauzionale: «Sono rimasto chiuso in casa per quattordici giorni, senza vedere nessuno. La notizia ha fatto il giro del mondo e quando sono tornato ad allenare, nonostante il tampone negativo, la gente mi guardava in modo diverso: qualcuno rimandava gli appuntamenti con me a cena. Quasi fossi un appestato. Ne ho sofferto».
Sannino, che dopo gli exploit di Varese ha girato parecchio sia in Italia (ha allenato Siena, Palermo, Chievo e Carpi in A) sia all’estero, ammette: «All’inizio non c’era questa grande paura. Poi col passare del tempo è arrivata. Stiamo affrontando qualcosa di terribile, che non sai cos’è. Le mascherine, la distanza da rispettare: facile che subentri l’angoscia. Ancor più per un popolo come il nostro, abituato agli abbracci, ai baci, al contatto umano. Ma dobbiamo stare attenti». Una situazione surreale, spiazzante: «Certe cose pensavo di vederle solo nei film, invece adesso sono realtà. Persone che ci lasciano ogni giorno, tanti ammalati, l’assenza di un vaccino. Il terrore si mischia con la voglia di evadere. Ma non possiamo».
RICORDI BIANCOROSSI Imprigionati in casa, strappati alla vita abituale e ai ritmi che la cadenzano, diventa più facile pensare, riflettere, ricordare. E Sannino non può dimenticare che in questo 2020 ricorre il decennale della promozione in B del “suo” Varese: «Un’emozione forte, ancora viva - assicura -. Facemmo qualcosa di straordinario con una squadra di ragazzi in buona parte sconosciuti. Avevamo valori importantissimi e un intento comune. Più tardi mi hanno fatto notare che sotto la mia gestione non abbiamo mai perso in casa». Le sue parole trasudano orgoglio: «Quando iniziammo la città era fredda verso il calcio, in più il basket è da sempre lo sport che va di più a Varese. Eppure, per un attimo, lo superammo: sono arrivato con mille persone allo stadio, sono andato via con diecimila. Eravamo entrati nel cuore della gente».
IL RIMPIANTO E IL TEMPIO Il mister di Ottaviano non nasconde una piccola amarezza: la semifinale playoff dell’annata successiva, che sorrise al Padova di El Shaarawy. Fatale, dopo lo 0-1 in Veneto, il 3-3 a Masnago. Serie A solo sfiorata. «è mancata la ciliegina sulla torta. Ma calcisticamente fu la miglior partita del mio Varese». Il calcio biancorosso, intanto, ha fatto una brutta fine: «C’è anche rabbia nei miei sentimenti - conclude -. La provo quando passo davanti al Franco Ossola e lo vedo chiuso. Una pugnalata al cuore. Masnago era e resta il mio tempio del calcio».
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