LA RICHIESTA
Cazzaniga chiede i domiciliari
Omicidi in corsia: la difesa del medico presenta l’istanza. I suoi genitori pronti ad accoglierlo

Dopo un’estate difficile, emotivamente cupa, mitigata solo dal sostegno psicologico del cappellano del carcere, don David, Leonardo Cazzaniga si appella alla Corte d’assise e chiede gli arresti domiciliari.
Gli anziani genitori, Dante e Silvana Manfredini, sono pronti ad accoglierlo a casa loro.
L’istanza di sostituzione della misura, presentata dagli avvocati Ennio Buffoli e Andrea Pezzangora, è arrivata ieri, mercoledì 3 settembre, al presidente Renata Peragallo.
Il termine entro cui decidere, ancorché non perentorio, è di cinque giorni, previo parere del procuratore capo Gianluigi Fontana, che ancora non si è espresso.
Secondo i difensori le esigenze cautelari, giunti a questa fase processuale, possono essere tutelate anche con una detenzione meno afflittiva e lo spiegano nella richiesta.
«Il dottore è soggetto alla prima esperienza giudiziaria e carceraria ed è detenuto ininterrottamente da quasi tre anni. In questo lungo periodo ha sempre mantenuto un comportamento regolare e rispettoso delle norme carcerarie».
Inoltre, ben prima che i carabinieri portassero in cella il viceprimario del pronto soccorso con l’accusa di plurimo omicidio,
«Cazzaniga era già addetto a soli incarichi amministrativi e - comprensibilmente - dopo l’esecuzione della misura cautelare venne sospeso dall’Ordine dei medici di Milano».
La reiterazione dei delitti contestati sarebbe insomma improbabile.
Dunque «In merito al giudizio di gravità indiziaria, si ritiene che le esigenze cautelari ben possano essere allo stato salvaguardate attraverso la misura degli arresti domiciliari ristretti, con il braccialetto elettronico».
Uno dei rischi di inquinamento probatorio o di risveglio di - supposte - pulsioni letifere potrebbe essere rappresentato dal contatto con la ex compagna, Laura Taroni, condannata a trent’anni anche in secondo grado per gli omicidi del marito Massimo Guerra e della madre Maria Rita Clerici. «Ma - fanno presente gli avvocati - è stabilmente detenuta in carcere a Como». E poi, alla luce delle accuse che l’ex infermiera ha scaricato sul medico, attribuendogli pure il decesso del suocero Luciano Guerra, Cazzaniga non la potrebbe mai perdonare.
E ancora, con il clamore mediatico avuto dall’inchiesta «l’imputato, ove sottoposto alla misura domiciliare, controllato con il braccialetto elettronico avrà a rispettare pedissequamente le prescrizioni imposte dall’autorità giudiziaria».
Difficile, per dirla semplice, che al dottore venga in mente di evadere per andare in farmacia a comprare un sedativo.
L’ex vice primario risponde di quindici omicidi divisi in due macrocategorie: quelli familiari, ispirati secondo gli inquirenti dall’amore per Laura (che è stata assolta dall’accusa di aver eliminato il suocero), e quelli ospedalieri, ossia di Pietro Oliva, Federico Mascazzini, Mario Volontè, Virginia Moneta, Giacomo Borghi, Antonietta Balzarotti, Pier Francesco Ferrazzi, Giuseppe Vergani, Luigia Lattuada, Antonino Isgró, Angelo Lauria e Domenico Brasca, il cui corpo è stato riesumato a maggio del 2018 in seguito alla denuncia presentata dalle figlie e il cui caso è stato inserito nel dibattimento all’inizio del processo.
Al centro dell’istruttoria c’è l’ormai famigerato protocollo Cazzaniga, una combinazione di farmaci che l’imputato avrebbe somministrato ai pazienti per i quali non vedeva vie di scampo.
Midazolam - che era l’ingrediente principe - promazina, neurolettico utilizzato in funzione antipsicotica, cloropromazina, neurolettico impiegato per il trattamento della schizofrenia, propofol e morfina. Si torna in aula a ottobre.
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