LA RICHIESTA
«Ridate casa alla musa di Leonardo»
Il prevosto: «Ristrutturiamo Palazzo Visconti. Vi soggiornò la Dama con l’ermellino»

Nella ricorrenza dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci, l’input è in questi giorni venuto dal prevosto monsignor Armando Cattaneo: «Sia l’occasione per iniziare a progettare la rinascita di Palazzo Visconti».
Ma che c’entrano lo scienziato e artista toscano e lo storico edificio saronnese?
A creare un legame fu Cecilia Gallerani, la celebre “Dama con l’Ermellino” dipinta da Leonardo Da Vinci, amante di Lodovico il Moro e alla quale lui donò nel 1491 il feudo di Saronno, col relativo palazzo nobiliare.
L’idea che il sacerdote, alla guida della Comunità del Crocifisso risorto, ha rilanciato al Comune è di cogliere l’occasione di questo speciale collegamento fra Da Vinci e Saronno per iniziare a pensare a un progetto per il recupero e la valorizzazione dello stabile, ormai da oltre un decennio in stato di abbandono, completamente inutilizzato e inutilizzabile.
Sinora il restauro non è mai decollato perché costerebbe troppo alle casse dell’amministrazione civica. Il prevosto, partecipando in municipio alla presentazione degli eventi locali per ricordare Leonardo da Vinci, ha chiesto agli amministratori pubblici di approfondire le vie per giungere a un recupero di Palazzo Visconti.
Iniziando dalla ricerca di un bando «locale, nazionale oppure anche internazionale» che possa consentire di affrontare questo intervento, «per riqualificare o iniziare a sognare una rinascita del palazzo».
Si tratta, al momento, dell’edificio civile più antico di Saronno, con i suoi oltre cinquecento anni di età; per un suo recupero ci vorrebbero alcuni milioni di euro (e anche un progetto di riuso), che al momento il Comune non ha.
In passato si era provveduto al rifacimento del tetto, per evitare che dopo l’incendio del 2007 la situazione diventasse irrecuperabile, ma non sono stati mai stanziati fondi che andassero al di là della ordinaria manutenzione di quel che è rimasto.
Nel 2014, dopo essere stato ripetutamente occupato da immigrati clandestini, l’allora sindaco Luciano Porro aveva deciso di farlo sigillare, facendo posizionare grate agli ingressi e sulle finestre più facilmente accessibili dall’esterno; negli ultimi quattro anni tutto è rimasto immutato.
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